«La sinistra non è mai riuscita a capire il ruolo politico della musica». Ne è convinta Helena Velena, parlando del concerto di apertura del nuovo tour dei CCCP – Fedeli alla Linea che partirà il 21 maggio prossimo da Piazza Maggiore a Bologna. Fu lei nei primi anni 80 a scoprirli pubblicando nel 1984 per la sua Attack Punk Records il loro primo singolo Ortodossia, i primi ep e l’album d’esordio, prima che passassero alla Virgin, accusati poi di essere “Fedeli alla lira”.
«Li vidi per la prima volta a Carpi – racconta -, in un concerto organizzato da un gruppo di punk del paese come protesta a una mega festa del Comune per il santo patrono. Avevano una bandiera rossa gigantesca con la falce e martello e una musica che mi ricordava un gruppo olandese che avevo visto in un concerto organizzato dai Crass, la mia band politica di riferimento. Mi impressionarono molto, quindi gli proposi di fare un disco per la mia etichetta, ma mi risposero che quella era solo una performance e che non si consideravano un gruppo musicale. Fui io a insistere e incoraggiarli a scrivere delle canzoni. Qualche settimana dopo mi telefonarono, vennero a Bologna e da lì cominciò».
Nata Giampaolo Giorgetti a Bologna, Helena Velena è una figura chiave della storia del punk in Italia. Nel 1979 fondò i RAF Punk (Rebel Anarchist Fraction) nel quale militava anche Steno, che successivamente passò nei Nabat. Da lì nacque proprio l’etichetta Attack Punk Records, che diventò un punto di riferimento della scena anarcopunk italiana.
«Ero e sono prima di tutto un’anarchica ed è per questo che decisi di abbandonare la barca dei CCCP, perché quella che all’inizio era una provocazione situazionista col tempo diventò filosovietismo e io questo non potevo accettarlo».
SP: Che ne pensi di questo loro nuovo tour che parte da Piazza Maggiore?
HV: «Penso che è una follia. La domanda è: chi sono i CCCP? Potrebbero sembrare banalmente un gruppo di sinistra con una storia comunista, ma non è esattamente così. Sia perché i CCCP rappresentano il filosovietismo, e quindi l’apologia di quello che è stata la dittatura sovietica, i gulag, la repressione, i massacri, tutto quello che è successo in Unione Sovietica. Sia perché a capo dei CCCP c’è un personaggio (Giovanni Lindo Ferretti, ndi) che è passato dall’adorazione del Soviet e del comunismo sovietico all’adorazione dell’Islam (il punk Islam) fino all’adorazione del cristianesimo papale e, infine, all’adorazione del fascismo e della Meloni.
In sintesi: un gruppo che rappresenta l’Unione Sovietica, il comunismo sovietico, l’islamismo, il cristianesimo fondamentalista e il fascismo, io lo vedo come un gruppo che rientra nella quarta teoria politica di Aleksandr Dugin, cioè proprio la matrice del nuovo fascismo 2.0 e dei nazibolscevichi.»
SP: Il Sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha parlato di evento storico.
HV: La sinistra non è mai riuscita a capire il ruolo e l’importanza della musica e dell’arte in generale, ma della musica in particolare. A partire da Marx, che la considerava sovrastruttura, e quindi fondamentalmente inutile; o anche Adorno che non ha minimamente capito il ruolo che aveva la musica popolare, esaltando invece il ruolo della musica contemporanea. Motivo per cui il partito comunista fu per moltissimi anni ostile a certi generi musicali. Per dirne una: quando suonarono i Beatles a Roma proibirono ai loro iscritti di andare a vederli. E poi il punk era considerato fascista, il metal nazista, e così via…Non hanno mai capito nulla.
In questo caso, l’inizio della nuova tournée in Piazza Maggiore a Bologna è simbolico: è certamente legata soltanto a monetizzare (e questo ci può stare), ma in un momento particolare, con conflitti politici importanti e posizioni politiche di estrema destra ed estrema sinistra che si sovrappongono. In questo le posizioni politiche dei CCCP sono estremamente ambigue e se un partito che amministra una città e un Sindaco promuovono questo concerto significa che da quelle posizioni non hanno intenzione di prendere le distanze. E questo succede perché il PD e il Sindaco non si rendono conto del significato politico della musica. In questo sono simili al PCI. E probabilmente hanno scelto di perdere anche le prossime elezioni.
SP: Eppure si preannuncia il sold out.
HV: Certo, perché c’è moltissima gente nostalgica di quell’Unione Sovietica ed è ancora attratta dai CCCP perché gli ricorda quei valori. Gente che si trova a dire esattamente le stesse cose dei fascisti, come l’uscita dell’Italia dalla Nato, dall’Europa, il sostegno all’invasione dell’Ucraina, l’equiparazione degli israeliani ai nazisti, il silenzio verso l’ideologia razzista e omofoba di Hamas. Allora, in questa situazione, in cui i valori dell’estrema destra e dell’estrema sinistra si sovrappongono i CCCP rappresentano il gruppo ideale.
E il PD che promuove queste operazioni, promuove la futura dittatura della Meloni.
SP: Peraltro, è la prima volta che ci sarà un concerto a pagamento in Piazza Maggiore.
HV: Anche questa è una follia, quel prezzo è una follia. Piazza Maggiore ha un’antica tradizione di concerti gratuiti, fin dall’epoca dei famosi concerti di agosto di ferragosto di Dino Sarti.
Mi ricordo di un concerto dei Nomadi, quelli con Augusto Daolio che avevano un batterista clamoroso: mi vennero i brividi a sentirli perché mi sembrava di ascoltare i Public Enemy, tanto era la loro potenza. Nonostante fossero un gruppo che faceva pop rock, avevano una carica e un’energia incredibile. Ecco, penso ad Augusto Daolio e alla sua band, al loro modo di essere politici, sincero, profondo, a uno che era già una pop star e ancora lavorava in fabbrica, ai Nomadi che erano davvero di sinistra, sinceramente comunisti, e suonarono gratis e mi sembra un insulto questo concerto.
SP: ll primo riferimento storico di chi organizza è stato però il concerto dei Clash del 1980.
HV: Non si può fare nessun paragone con il concerto dei Clash, sia perché era gratuito e poi perché noi punk a Bologna lo contestammo.
SP: Perché non eravate d’accordo?
HV: Noi contestammo i Clash, perché stavamo facendo una battaglia col Comune. Chiedevamo uno spazio dove poter fare i concerti, perché all’epoca non si poteva suonare da nessuna parte. Volevamo un centro di ritrovo, un centro sociale, uno spazio nostro, e invece il Comune spendeva i soldi per darci l’intrattenimento, perché darci un posto poteva significare creare un fulcro di opposizione politica contro il Comune stesso.
I Clash, peraltro, furono solo una coincidenza: il Comune si rivolse a un’agenzia e gli furono proposti loro. Se fosse stato un gruppo pop, tipo i Simple Mind o i Duran Duran li avrebbe presi comunque. Così noi li avremmo contestati allo stesso modo, perché contestavamo prima di tutto la merce dello spettacolo e la politica spettacolare del Comune.
Certo, coincidenza volle che a quel Comune che non voleva dare uno spazio ai punk gli fu proposto un gruppo che era più o meno punk e che i punk ascoltavano. Ok, forse non era una coincidenza, ma era troppo simbolica una cosa del genere, per noi era inaccettabile. Ma ci prendete per il culo? Quindi ci ritrovammo anche a entrare in conflitto con tutti quei punk che vennero da tutt’Italia per vedere un concerto gratis e a cui non fregava assolutamente nulla delle nostre beghe locali.
SP: Secondo te qualcuno oggi avrà voglia di contestare i CCCP?
HV: Dovremmo farlo e probabilmente lo faremo. Come abbiamo contestato i Clash, io credo che ci siano dei validissimi motivi per contestare anche il concerto dei CCCP.
SP: Crass not Clash?
HV: Certo. In questo senso le due storie si incrociano. Ora come allora, i Crass sono ancora il mio gruppo politico di riferimento. Un gruppo anarchico che teneva sempre al centro i temi dell’autogestione, l’autoproduzione, l’auto-organizzazione ecc.; un gruppo che ha caratterizzato la storia del punk molto più dei Sex Pistols. E fu grazie a un concerto organizzato da loro che io conobbi i Rondos, una band olandese che salì sul palco portando in bella vista la la falce e il martello e suonava qualcosa che a tratti ricordava le marcette militari, con testi molto scanditi. Per me quella fu una cosa stranissima, quindi andai a chiedere a Steve Ignorant, il cantante dei Crass, perché li avessero fatti suonare. E lui mi rispose che proprio perché erano anarchici, in quanto libertari, volevano collaborare con tutte le varie forme della sinistra.
E fu la cosa che feci anche io con i CCCP, che mi ricordavano così tanto i Rondos. Ma tutto era legato a un discorso di valori controculturali che afferivano all’anarchismo, quindi alla collaborazione con una realtà comunista e non di certo filosovietica, quale poi diventarono.
SP: Se tornassi indietro, alla luce del successo dei CCCP, li avresti lasciati andare?
HV: Ecco, qualcuno potrebbe venire a dirmi che io dico tutto questo perché rosico, perché i CCCP mi hanno cancellata e perché da tutto questo ora non ci guadagno un soldo. Questa è una stronzata e loro stessi possono dimostrarlo. Perché a un certo punto mi misero davanti a una scelta: fare la loro manager (anzi il loro manager, all’epoca) e mollare l’etichetta e tutto il resto per seguirli. Certo, ci avrei guadagnato anche io una bella fetta di soldi, ero consapevole già all’epoca di questo, ma decisi di rinunciare, per coscienza. Perché ero un’anarchica. E a quel tempo non me la sentivo più, perché la provocazione situazionista stava già diventando vero filosovietismo e quell’adorazione di quella Russia è ciò che rimane nei loro fans boomer di adesso. Quello non era più un progetto che non corrispondeva alle mie visioni, alle mie idee, alla mia coscienza politica libertaria. Quindi, io non rosico un cazzo di niente perché ho deciso spontaneamente e consapevolmente di lasciare la barca dei circhi.
Ma quello che all’epoca era un mio problema personale, oggi a quanto pare è diventato un problema molto più grande, perché il rapporto riguarda il pubblico dei CCCP, le conseguenze politiche del loro messaggio e le scelte di quello che si considera il più grande partito di sinistra attuale.
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Ringraziamo Mauro Boris Borella per le chiacchiere che hanno portato a quest’intervista, partendo da un vecchio episodio successo nell’Isola del Cantiere, dove – si racconta – che uno dei fondatori, per contestare il nuovo corso commerciale dei CCCP, ruppe in pubblico un loro disco. Isola del Cantiere dalla quale nacque poi il Link project, che quest’anno compie 30 anni e che l’11 aprile prossimo sarà rievocato con alcuni eventi gratuiti di cui vi daremo notizia.