Dopo il dibattito scatenato dall’esposizione della bandiera palestinese su Palazzo d’Accursio, sono state molte le realtà associative che hanno deciso di prendere parola, cercando di far sentire ancora più forte la propria voce. Tra queste anche il Cassero stanco del fatto che “sui giornali e nel dibattito pubblico continuano ad emergere solo i posizionamenti isolati di persone LGBQTIA+ in difesa di Israele”.
“La nostra voce, come quella di tutto il posizionamento queer per la Palestina, continua a non trovare spazio – lamentano. l problema è quello di un discorso pubblico inquinato che ascolta solo quello che vuole sentire. In una città in cui la comunità queer si è posizionata così chiaramente, forse solo l’impatto culturale del pinkwashing israeliano può spiegare perché a trovare spazio siano ancora solo voci così distanti dalla comunità. Fin dal 7 ottobre ci siamo espressə pubblicamente e chiaramente più volte per ribadire il nostro impegno attivo contro il colonialismo sionista che, da 76 anni, pratica e persegue un disegno di pulizia etnica ai danni delle e dei palestinesi. Come Cassero LGBTQIA+ center abbiamo una posizione chiara e continueremo a portarla nelle piazze, al fianco dei Giovani Palestinesi e insieme alla rete Queers for Palestine, al Rivolta Pride e al comitato Bologna per la Palestina“.
Il tutto mentre studenti e studentesse dell’Unibo hanno dato vita alla prima acampada studentesca italiana per la Palestina e in una città in cui i giovani palestinesi organizzano da mesi manifestazioni sempre più partecipate, come quella di una settimana fa che ha bloccato il traffico ferroviario della Stazione di Bologna.
A supporto del fatto che molta parte di Bologna è solidale con il popolo palestinese e contro la violenta occupazione israeliana, c’è anche la storia emblematica e interessante dei poster di Johanna Toruño sulle bacheche curate da CHEAP che compongono la scritta FREE GAZA. L’artista originaria di El Salvador, ospite in città per il progetto The Unapologetic Street Series – una serie di manifesti transfemministi e queer diffusi per le strade – aveva realizzato 8 manifesti con il suo stile “floreale” a sostegno della liberazione di Gaza, ma a distanza di pochissimo qualche anonimo ha cancella la scritta GAZA e reso illeggibile la scritta FREE. Tentativo di sabotaggio durato anche meno: qualcun altro/a ha, infatti, riscritto GAZA, in bianco, sovrapponendosi al layer nero con cui erano stati crossati i manifesti. “Questo gesto di conflitto e cura – scrive CHEAP – sembra la cosa migliore che la città potesse augurarsi”.
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