Scovare spazi in disuso per bonificarli con la cultura attraverso la pratica del riuso temporaneo. Da sempre l’associazione Planimetrie Culturali promuove il suo peculiare concetto di rigenerazione: così fu per quell’ex macello diventato il Cantiere Culturale Bolognese (Ca.Cu.Bo.), per lo Scalo San Donato o per l’ex Samp Utensili di via Stalingrado trasformata nel Senza Filtro. Stavolta tocca all’ex vivaio Vannacci in zona Noce alla periferia nord di Bologna (via Zanardi 329), una vasto lembo di terra di quasi sei ettari inutilizzato dal 2012.
Il progetto si chiama Viva il Vivaio e l’obiettivo è far tornare l’area alla sua vecchia funzione rendendola però disponibile alla cittadinanza non in termini commerciali ma comunitari; un modo per far sperimentare a cittadini, gruppi, comitati, associazioni un rapporto diverso con l’ambiente agricolo, col suolo, con la cultura del coltivare, e fare rete in funzione antagonista per la sfida del cambiamento climatico.
«Il percorso è iniziato nel 2015 – racconta Werther Albertazzi – quando dopo alcuni fatti di cronaca nel capannone contattammo la proprietà manifestando il nostro interesse per un progetto di custodia temporanea. Dopo alcuni tentativi di messa in vendita falliti e una proposta di studentato rigettata, la nostra proposta è diventata una possibilità, quindi siamo stati ricontattati e abbiamo trovato un accordo per un comodato d’uso gratuito di un anno più ulteriori tre, se tutto va bene. Ciò che vorremmo fare è creare una sorta di centro sociale per l’attenzione al verde e il benessere dei cittadini. Quella è una zona un po’ particolare in cui è difficile riempire il tempo libero sia per i giovani che per gli anziani, quindi vorremmo proporre un servizio inclusivo con l’aiuto di una serie di potenziali partner cittadini che stiamo contattando (Arvaia, Campi Aperti, Arpae, Piazza Grande, la Facoltà di Agronomia, ecc.). Di questa rete farà parte anche il proprietario come membro del comitato scientifico visto che conosce la terra, le piante e può aiutarci nella cura del luogo. Ed è proprio in questo rapporto di scambio con la proprietà che prende senso il nostro lavoro. Tant’è che siamo anche in contatto con il Comune per ottenere l’esenzione dell’IMU, un ulteriore incentivo per chiunque volesse donare i propri immobili in disuso e senza sbocchi sul mercato per attività culturali e sociali temporanee. Nel frattempo è arrivato anche un potenziale acquirente che comunque ci ha già espresso la sua volontà per la realizzazione del nostro progetto».
Tra le iniziative previste la realizzazione di orti rialzati per consentirne l’utilizzo anche ad anziani e disabili, un frutteto di comunità aperto a tutti, la costruzione di alcune strutture secondo i concetti della bioedilizia nell’ambito di laboratori insieme alla Facoltà di Architettura, la cura partecipata e formativa del bosco presente risultato della forestazione naturale delle piante del vivaio, oltre a un calendario di seminari formativi sui temi dell’ambiente e gli immancabili eventi musicali e culturali per l’autofinanziamento.
L’edificio è, invece, diviso in tre parti, con una sala che potrebbe diventare un ufficio, il capannone agricolo da utilizzare per le attività formative e al piano superiore un appartamento di 70 mq circa.
«Ora partiamo con l’allaccio delle utenze, dopo faremo la messa in sicurezza e poi inizieremo a progettare le attività anche insieme ai residenti della zona. Oltretutto il vivaio si trova tra l’autostrada, l’aeroporto e un cementificio, quindi rigenerarlo significa anche recuperare la sua funzione di filtro ambientale. Sono tutti temi che dovranno far parte dell’agenda politica futura della città. Per questo crediamo che nella migliore delle ipotesi i nostri progetti di riuso temporaneo possano far emergere il potenziale beneficio pubblico degli spazi in disuso».