Ristoranti spesso vuoti ma con fatturati altissimi, locali che aprono e chiudono in poco tempo, catene in espansione rapidissima, che acquisiscono un locale dopo l’altro anche durante il lockdown. Che sul fenomeno in folle crescita della ristorazione bolognese (un ristorante ogni 35 abitanti, secondo Confcommercio) ci fosse qualcosa di strano era prevedibile, ma ora una video-inchiesta giornalistica svela il marcio ponendo una serie di domande su grandi espansioni anche in periodi di crisi e cordate societarie con moltissime attività.
Si chiama La febbre del cibo. Le ombre della ristorazione bolognese è disponibile su Youtube ed è opera di Sofia Nardacchione e Andrea Giagnorio. Tutto parte da decine di segnalazioni che l’associazione antimafia Libera Bologna ha ricevuto da parte di cittadini con casi legati a inchieste giudiziarie e altri no.
“Un lavoro durato mesi – dice Sofia Nardicchione – che parla soprattutto del centro di Bologna, di una città dove quello del cibo è un asset economico in continua crescita. E parla soprattutto di un’esclusione: quella dei piccoli ristoratori dal centro della città. E di un’attenzione che dovrebbe essere ben più alta”.
Proprio nei giorni scorsi Libera Bologna ha lanciato anche una raccolta fondi online su Ideaginger per sostenere le attività di inchiesta e monitoraggio del territorio. “Abbiamo bisogno di supporto – spiegano dall’associazione – per poter continuare a dare voce a tutte le denunce di cittadini e cittadine che segnalano situazioni di opacità, sfruttamento, paura e omertà. Situazioni che troppo spesso non vengono alla luce, rimangono sommerse e nascoste”.