Per chi frequenta la Bolognina e, in particolare, la zona attorno a via Tibaldi, Walter, il gestore del bar Cornelia, è un volto familiare. Da febbraio scorso la serranda del Cornelia è rimasta abbassata a causa di un sequestro giudiziario e – secondo il questore – per “la continua frequentazione di avventori gravati da precedenti penali e di polizia”. Oggi un gruppo di cittadine e cittadini del quartiere ne chiede la riapertura con una petizione.
I fatti risalgono a febbraio scorso quando, durante una maxi operazione interforze finalizzata al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere, vennero rinvenuti alcuni grammi di Hashish nascosti – secondo i quotidiani locali – in una zuccheriera, nel contenitore dei rifiuti e vicino alla saracinesca del Cornelia. Risultato: la sospensione della licenza per 30 giorni giustificata ai sensi dell’articolo 100 T.U.L.P.S., legge risalente al periodo fascista che consente al questore di chiudere quegli esercizi ritenuti “abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituiscano un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini.” Alla sospensione è seguito poi un procedimento di revoca della licenza da parte del Comune di Bologna diventato effettivo a marzo scorso.
“Per qualsiasi abitante del quartiere – si legge nella petizione – il bar Cornelia non è mai stato solamente un bar ma un vero luogo di ritrovo aperto a tutte, con un’importantissima funzione sociale. Walter ha sempre svolto il suo lavoro con passione e col sorriso, non ha mai discriminato la sua clientela per colore, per reddito o per privilegio sociale, non ha mai escluso o fatto sentire inadeguate quelle persone meno abbienti che da sempre abitano un quartiere popolare come la Bolognina e allo stesso tempo ha sempre messo a disposizione la saletta interna al locale per cittadine, studenti, attiviste e chiunque avesse necessità di riunirsi per portare avanti le proprie progettualità, creando così un vero luogo di inclusione e di prossimità interculturale. Ed è forse questo il vero problema. L’accusa di essere una “base di spaccio” è una calunnia strumentale e tendenziosa: Walter non può pagare per questo. Questa chiusura è per noi lo specchio e l’esito di una città sempre più escludente ed esclusiva, una palese manovra politica volta ad eliminare un bar non in linea con la vetrina che il Comune sta allestendo in Bolognina. […] Chiediamo che a Walter sia concessa subito un’interlocuzione con il Comune!”