Dopo La febbre del cibo. Le ombre della ristorazione bolognese che aveva fatto luce sull’altra faccia della folle crescita del settore del food in città, l’associazione antimafia Libera Bologna ha presentato, durante il suo festival F.I.L.I. il secondo capitolo della video-inchiesta, La febbre del cibo. Bologna, il tuo odor di benessere, condotto da Sofia Nardacchione e Andrea Giagnorio, che oggi è disponbile online.
Se il primo capitolo si era concentrato sulle operazioni di riciclaggio a partire dalle decine di segnalazioni ricevute da parte di cittadini e casi legati a inchieste giudiziarie, questa volta l’attenzione si sposta in una prima parte sugli interessi che mettono in relazione i settori del food e quello degli affitti brevi, e in una seconda parte sulle tante sfumature di sfruttamento, dal lavoro grigio a quello nero, senza alcuna tutela.
Lo schema evidenziato è sempre lo stesso: quello dei grossi capitali che buttano fuori le vecchie attività e utilizzano il proprio potere per modificare il mercato a loro vantaggio a scapito degli altri operatori economici e di lavoratori e lavoratrici.
Il caso più eclatante, tra quelli raccontati, riguarda l’Antico Mortadellaio, aperto a febbraio 2024 in via Rizzoli, in un locale del Comune di Bologna che fa parte di Palazzo d’Accursio. Secondo quanto scoperto da Nardacchione e Giagnorio, l’attività farebbe capo alla Pulie srl, proprietaria di altri locali a tema mortadella. Oltre a ipotizzare alcuni legami poco chiari con la Fondazione Calabresi nel Mondo, finita in un’inchiesta della Procura di Catanzaro, quello che, secondo gli autori dell’inchiesta, dovrebbe sollevare qualche dubbio è la cifra con la quale la società si è presentata al bando del Comune, che premiava l’offerta più alta: 150.840 euro l’anno (più di 12 mila euro al mese di affitto), il doppio rispetto alla seconda società in graduatoria. In altre parole, una strategia molto aggressiva di ingresso nel mercato. Una situazione che il Sindaco Matteo Lepore ha riconosciuto come un errore, promettendo paletti molto più stringenti al prossimo avviso pubblico per un progetto “di natura culturale e commerciale più coerente con Piazza Maggiore”.
Ci sono poi i tanti esempi di chi, pur in maniera legittima, investe congiuntamente sia nella ristorazione che negli affitti brevi, cercando, anche con i propri investimenti, di modellare un nuovo tipo di città.
E poi il tema dolente della qualità del lavoro tra lavoro pagato fuori busta, lavoro in nero, lavoro a chiamata, contratti non corrispondenti alla mansione, falsi part time, molestie, ecc. Secondo l’ispettorato del lavoro, che al momento conta solo 50 ispettori, nonostante il numero enorme di attività, su 203 aziende attive nella ristorazione controllate 150 sono irregolari, quindi il 76%. Una situazione assolutamente fuori controllo.
«Ci sono diversi imprenditori che stanno riversando legittimamente tantissimi soldi sulla ristorazione bolognese, un’imprenditoria rampante e aggressiva che sta cambiando il centro storico con l’obiettivo di massimizzare i propri profitti – spiega Andrea Giagnorio. Fenomeno diverso dagli interessi criminali, su cui invece è vero che l’attenzione sta aumentando, vedi le inchieste della Procura degli ultimi mesi, ma la politica ha ancora molte difficoltà ad affrontare questi problemi. Il Sindaco Lepore è stato sincero nel descrivere la complessità dei cambiamenti sull’onda di questi grandi capitali, bisogna però anche capire come arginare questi fenomeni e le attività e le conseguenze sul mercato di questi imprenditori spregiudicati. Alcuni errori in questo senso sono stati fatti, come l’Antico Mortadellaio su Palazzo Re Enzo; il Sindaco lo ammette ed è un bene che ci sia questa sensibilità, ma ora vanno trovate soluzioni per salvare il tessuto economico bolognese sano. Verso la fine proviamo a suggerire qualcosa partendo dal tema della regolarizzazione del lavoro, che non è competenza specifica del Comune, ma che può essere governato attraverso i regolamenti che possono avvantaggiare le imprese che agiscono in un certo modo piuttosto che un altro.»