Vento che sibila, polvere dritta sugli occhi, balle di fieno che attraversano la strada. Non se l’era ancora immaginato nessuno questo degrado post pandemico, nessun film, nessun libro, nessuna puntata di Black Mirror a preparare il terreno. Partiamo da via Ca’ Marcello, a Mestre: il non luogo per eccellenza, una monumentale testimonianza dell’assurda voracità del mercato turistico sul nostro territorio. Archeologia della speculazione ricettiva. L’incombere dei nuovi volumi alberghieri, nuovi di zecca, ancora freschi di inaugurazione, riesce persino ad offuscare i raggi del sole. L’eterna penombra si lascia avvolgere dal retrogusto inconfondibile di calcestruzzo pulito, appena solidificato, odore di carpenteria metallica, di vernici.
Sferragliamenti regolari arrivano dall’altra parte: sono i treni in arrivo e partenza dalla stazione di Mestre. Carico/scarico di merce umana: la bilancia ora pende soprattutto da una parte, la seconda. Sono scarichi i nostri mezzi pubblici, i container dentro ai tir, scariche le batterie dei nostri cellulari a furia di scrollare e videochiamare, scarichi i nostri conti correnti. Dov’è la luce alla fine di questo tunnel? Che si tratti di farle entrare nei vagoni dei convogli ferroviari dal finestrino oppure nelle stanze dei palazzoni, in questi luoghi progettati per trattarci come numeri, le radiazioni avranno sempre la stessa forma: quadrata. Rettangolare, con angoli smussati, se va bene. Disegna linee secche come in un quadro di Hopper. Se fosse una giornata qualunque si potrebbero osservare tutte quelle finestrelle regolari con il filtro della realtà aumentata, come in Terminal Slam, l’ultimo video di Squarepusher: un’intelligenza artificiale potrebbe carpire centinaia di informazioni sugli inquilini temporanei di quei loculi per turisti, profilarli, sapere cosa andranno a fare, aspettarli al varco con un bell’americano da cartolina.
Invece c’è il silenzio totale: riguarda i suoni, ma anche le connessioni, i fluire dei dati. Ed è un silenzio così reale da annichilire ogni capacità di elaborare strategie, di inventare cose, personaggi, storie che riportino alla normalità. Qualcosa di sinistro si nasconde sotto e sopra ai nostri occhi. Ed è così vero che ci possiamo camminare in mezzo, rigorosamente armati di mascherina. Codice 313. Al Suap di Venezia, sportello unico per le attività produttive, viene ripetuto come un mantra: «Comunicazione prolungamento sospensione attività ricettiva complementare a causa del decreto….» e bla bla «che proroga fino al …. le misure fin qui adottate per il contenimento del contagio epidemiologico da Covid 19». Carte. Telelavoro. Letargo. Noia. E tutte le nostre città che diventano il set perfetto per un docufilm che nessuno girerà mai. A Mestre, in via Ca’ Marcello, questo spaesamento assume la forma plastica degli hotel e degli ostelli cresciuti come funghi, destinati ancora per mesi a consumarsi sotto il sole.
La loro fatica, il disperato ricorso alla cig, alla cig in deroga, alla fis, al click day dell’Inps da parte di chi ci lavora, è anche il nostro. Stiamo facendo tutti fatica, questa è la verità: vorremmo aggrapparci a qualsiasi stilema narrativo, trovare un po’ di luce nella giungla disarmante dell’incertezza sul futuro, appenderci a una liana, trovare un gancio, fuori dall’incubo, verso lieto fine, con un deus ex machina, come nelle tragedie greche. Per come abbiamo iniziato questo pezzo, con quell’atmosfera caricaturale da far west metropolitano, quasi subito dovremmo far apparire un Clint Eastwood, tutto sporco e con gli occhi di ghiaccio, avvolto da un poncio in lana merinos; condire la sua camminata fiera e incerta con il fischio di Ennio Morricone, che rimbalza tra le pareti a nove piani degli albergoni entry level. Ma no. Non ci sta. Sergio Leone preferiva l’Abruzzo.
Allora proviamo con il fantastico guerriero dei manga giapponesi: Kenshiro. Nel suo lungo peregrinare tra i deserti di una civiltà devastata dalla guerra nucleare immaginiamo che si fermi a Mestre. Povero eroe: a cosa gli serviranno stavolta quelle sette stelle stampate sul petto e quelle tecniche dell’antica arte marziale geneticamente modificata? Ken arriva da Est, cammina lungo l’A4, Autovie Venete. È la stessa direzione che avevano preso gli esuli dopo Caporetto, più di un secolo fa. Gli sfreccia di fianco un certo Max Rockatansky, uno sbirro pazzo, lo intercetta sul Passante, lo carica in macchina, una V8, e guida a tutta velocità verso Padova, curva a gomito all’altezza dello svincolo di Arino, sfonda la barriera di Villabona, esce sulla rotonda di Marghera e imbocca a 100 km/h via della Libertà, poi a 90 sul cavalcavia della stazione e un altro 360 da paura. Lui è fatto così, con le strade semivuote gli piace correre.
Ken non ha battuto ciglio ovviamente: ha osservato lo skyline e ha capito tutto. Lungo la muraglia brandizzata scorre la storia recente della nostra città. Quando cambiano i suoi connotati urbanistici, i suoi profili, i suoi valori immobiliari al metro quadro, in realtà cambia tutto: Leonardo Royal Hotel (quattro stelle superior, gruppo Fattal, 244 camere e 225 metri quadrati di spazi congressuali); ostello Wombats (122 stanze); 7Days (Plateno group dalla Cina, 208 stanze); Staycity Hotel (175 stanze, catena irlandese) e dietro ancora l’A&O Hotel (ostello con 320 stanze e mille posti letto, sorto al posto della Vempa). Kenshiro è atteso da tutti i manager poco più in là, poco più insù, sul tetto dell’Hybrid Tower. Sono tutti schierati: c’è il rappresentante del fondo americano Tgp (Texas Pacific Group) che è subentrato nella proprietà di A&O, c’è il supermega presidente del fondo Deka Immobilien che ha acquistato gli altri quattro albergoni dal fondo Mtk. Ci sono i ceo dei vari gruppi alberghieri da Cina, Irlanda, Austria. C’è il sindaco. Ci sono anche i megadirettori galattici delle aziende costruttrici (capitali internazionali, manovalanza local: questa è sempre una buona regola). Quintali di calcestruzzo, oneri di urbanizzazione, architetti, ingegneri, progetti, business plan, quotazioni. Sul lato più basso della catena assunzioni garantite per qualche manipolo di giovani precari poliglotti di bella presenza accompagnate dallo sfarfallare programmato di cartoline veneziane senza arte ne parte che continuano ad inondare i profili social. E adesso? Adesso la situa è più o meno così. Tutto vuoto, come le foto ufficiali e “lampadate” dei loro siti internet. Quando arriva l’alta stagione? Non si sa.
Nelle hall abbandonate tutto è coperto di polvere. In cima al plateau tira invece un vento bestiale, forte e freddo come la bora, l’atmosfera è quella di un duello finale, resa dei conti. Cravatte reggimental, rolex al polsino, barba ben fatta: Mad Max e Kenshiro contro questo plotone di manager non ce la possono fare. Due reduci dei duelli post atomici contro i nuovi falchi di via Ca’ Marcello. Che gli può dire il gonfio estrogenato ai signori del cda? Ci dica quando torneranno i suoi amici nani del sol levante, altrochè, che qua vogliamo fatturare. Kenshiro ha le spalle al muro ma l’antica sapienza della scuola di Hokuto avrà la meglio: “Zankai Sekiho Ken”, risponde, “Pugno dei Passi del Pentimento Recondito”. É la mossa speciale che spunta fuori mentre combatte contro Amiba, un megalomane che è convinto di essere un genio.
Ken gli farà esplodere le mani e lo costringerà a camminare all’indietro fino a farlo cadere dal balcone del suo palazzo. Se non ci credete guardate qui. Hokuto colpisce ancora. Ora svegliamoci tranquilli da questo lungo sonno. Non è morto nessuno, o quasi, è stata una guerra indolore. Altri avvoltoi stanno volteggiando sopra i tetti vuoti di via Ca’ Marcello. Anche a noi non ci rimane che volare alto e aspettare una buona occasione. Ma non diteci che i cocktail in bustina, i concerti in streaming le seghe su pornhub vi rendono felici, quella non è resilienza, è disperazione. Facciamo un bel respiro e via su airbnb a prenotare la nostra prossima vacanza.