Abito a Bologna da cinque anni e uno dei miei primi ricordi qui è legato al mio panettiere di fiducia, un bolognese doc all’apparenza un po’ diffidente, ma che col tempo si ammorbidisce (ciao Emilio!). La mattina che ha scoperto che mi ero appena trasferito mi ha attaccato la “pezza” – come si dice da queste parti – raccontandomi di quando Piazza Maggiore era un parcheggio e altri aneddoti sulla città. Ha finito il suo racconto con una frase che non ho capito subito: ‘’Bologna è un paesone alla fine’’.
Dopo cinque anni credo di aver compreso cosa intendesse e Santo Stefano secondo me è il luogo che meglio riesce a descrivere questa visione della città. È un quartiere borghese, in cui si conoscono un po’ tutti, ma dove sono sorte anche moltissime realtà nate dal basso, capaci di renderlo permeabile a influenze esterne e contemporanee. Santo Stefano è la commistione di una serie di elementi all’apparenza in contraddizione che però riescono a bilanciarsi tra loro in maniera perfetta, un luogo che custodisce gelosamente la propria tradizione sapendo però accogliere e valorizzare gli influssi provenienti dalle nuove generazioni e da chi, come me, non è nato e cresciuto qui.
Per me è soprattutto un luogo di incontro, un posto in cui sentirsi a casa. Bologna alla fine è davvero un paesone, ma un paesone che ha saputo vincere il provincialismo e Santo Stefano ne è l’esempio.
Ich.Bin.Bob è l’alias del producer di base a Bologna Bob Nowhere, progetto solista attraverso il quale sforna elettronica beat-based dal sapore deliziosamente analogico. Nato in Inghilterra da genitori italiani, cresce in un ambiente molto creativo nella città di Manchester. Dal 2019, ha pubblicato le cupe atmosfere del debutto 42”31”, seguito dai ritmi febbrili del secondo album Cronòtopo, e preso parte a diverse performance e progetti musicali, tra cui l’ensemble di improvvisazione dadaista Coop Rumore e il trio di sonorizzazione cinematografica KyoKyoKyo. Le passate pubblicazioni mostrano un’estetica (musicale e non) chiara ed estremamente personale, ma è sicuramente nel freschissimo Dancing Labirinto che si può assaporare appieno il suo lavoro. Il sound prende ispirazione dalla corrente UK rave degli anni 90, ma rielaborato in chiave del tutto personale e moderna, passando da suoni deliziosamente raw a basslines squisitamente acide.