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Gli immaginari rivoluzionari e l’intelligenza esigente di DeriveApprodi

Scritto da Salvatore Papa il 21 settembre 2023

Da oltre vent’anni la casa editrice DeriveApprodi si occupa di ripensare le condizioni, lo stile e le forme di una critica del presente politico, sociale e culturale. Nata a Roma nel 1998, da qualche tempo ha casa a Bologna dove è presente anche – in via Mascarella 104/a – il punto vendita Punto Input, non solo libreria, ma luogo di incontro, approfondimento e socialità. Sono centinaia le sue pubblicazioni editoriali che spaziano dalla saggistica alla narrativa abbracciando gli argomenti pressanti della contemporaneità per aprire e sostenere un dibattito fertile. Dall’operaismo al postumanesimo, dall’Italian Theory al marxismo critico, dall’estetica del giardino alle environmental humanities, DeriveApprodi porta avanti una ricerca volta a raccogliere le tracce e le testimonianze di questo presente tumultuoso e discontinuo e delle sue rivoluzioni in corso.

Un’attività tenace che comprende anche la rivista online Machina e l’organizzazione di eventi, tra cui un festival omonimo dedicato dedicato ogni decennio storico e il nuovo Kritik  che si svolgerà dal 22 al 24 settembre principalmente presso la Casa di Quartiere Scipione dal Ferro ospitando Toni Negri, Louisa Yousfi e molti e molte altre.

Di tutto questo, ne abbiamo parlato con Giuseppe Molinari.

 

Cos’è DeriveApprodi oggi?

Una casa editrice, due punti vendita-microliberie ancorate al territorio, una rivista online, un nuovo marchio editoriale, gli eventi come i Festival; una rete strutturata di autori e autrici, un rapporto consolidato con i lettori; ancora: le piste di ricerca che ci caratterizzano sin dalla fondazione della casa editrice e le altre che sviluppiamo con le nuove collane e con la rivista.
Potremmo utilizzare una qualunque di queste breve definizioni per definirci. Allo stesso tempo, è solo amalgamando tutti questi elementi che si può approssimare una definizione. In una sola parola? DeriveApprodi è un progetto editoriale-culturale, di riflessione e ricerca, che ha il fine di coltivare e sviluppare quella che Nanni Balestrini, autore a cui siamo particolarmente affezionati, definiva “intelligenza esigente”.

La casa editrice è nata a Roma nel 1998, ma ora siete di casa a Bologna. Com’è il vostro rapporto con la città?

DeriveApprodi è da sempre stata legata a Bologna. Tra i fondatori della rivista e, successivamente, della casa editrice, figuravano molte persone che avevano il proprio centro di gravità a Bologna. Rapporto che si è mantenuto costante nel tempo: non a caso alcuni dei precedenti Festival della casa editrice si sono svolti proprio qui, a Bologna. Inoltre, da tre anni è attivo Punto Input, punto vendita della casa editrice, luogo in cui è possibile trovare l’intero catalogo di DeriveApprodi e dove non è difficile incrociare i nostri autori e le nostre autrici. La presenza dell’Università fa di Bologna un centro culturale e un incubatore di curiosità, fame di conoscenza e ricchezza soggettiva che, nel nostro piccolo, proviamo a stimolare coi corsi del Punto Input o con le nostre proposte editoriali.
Il passaggio da Roma a Bologna non ha rappresentato un’assoluta novità. Lo testimonia, del resto, anche la partecipazione agli ultimi due Festival tenutisi sotto le Due Torri, che hanno visto una partecipazione vasta e variegata del corpo cittadino.

Cosa significa essere indipendenti nel 2023? E com’è cambiato il vostro lavoro nel tempo?

Questa è una domanda che ci poniamo quotidianamente. Si può dire che, probabilmente, è “la” domanda. Da un punto di vista formale, “indipendenza” è un concetto largo: sono indipendenti tutte quelle case editrici che non fanno parte dei maggiori gruppi editoriali italiani. Si tratta, come si può capire, di un concetto che non ha in sé valenze definitorie in un senso culturale-politico. O meglio: la definizione suggerisce solo dei criteri “economici”. Nel percorso di DeriveApprodi l’indipendenza ha in questo senso rappresentato una condizione necessaria ma non sufficiente per costruire il suo (e intorno al suo) progetto. Qualche anno fa abbiamo dato vita alla cooperativa Doc(k)s che si proponeva proprio di sviluppare “strategie di indipendenza culturali”, dove in questo caso indipendenza assumeva un connotato non più semplicemente economico. Il progetto, che per vari motivi era stato messo in naftalina, è ripartito da pochi mesi con una nuova veste dando nuovo respiro allo slogan citato prima. Lo farà attraverso un progetto articolato che prevede dei corsi di formazione strutturati – che abbiamo definito – Università parallela, eventi culturali, microliberie di progetto. Per chi volesse approfondire qui il link.
Come è già chiaro dalle risposte precedenti, DeriveApprodi ha un rapporto proficuo con il passato e con il “suo” passato. Conserviamo piste di ricerca, collane, autori e autrici che ci hanno caratterizzato sin dalla fondazione della casa editrice; ma crediamo che il passato serva a riarticolare il presente e il futuro, per questo motivo siamo sempre attenti a quanto accade intorno a noi, ai nuovi temi che emergono, ai nuovi lettori.

Le parole chiave del vostro nuovo festival Kritik sono “Incontri, Immaginari, Ispirazioni”. Ce le raccontate?

Incontri per creare nuovi immaginari e suscitare nuove ispirazioni. Immaginari che ispirano incontri. Ispirazioni per stimolare gli immaginari, che nascono dagli incontri.
Insomma: cambiando gli ordini degli addendi il risultato non cambia. Bologna, nel contesto italiano, ha sempre rappresentato un centro culturale fondamentale che ha, per l’appunto, ispirato gli immaginari di tutto lo stivale. Pensiamo, per andare indietro nel tempo, all’ondata creativa del movimento del ’77 oppure all’importanza che la città ha avuto per la nascita e il consolidamento dell’hip hop. Essere uno dei principali centri universitari dell’Italia favorisce la cooperazione, lo scambio di idee, la creazione di rapporti tra persone con diverse sensibilità. L’idea del nostro Festival è raccogliere quest'”aria buona” mettendo a frutto le capacità organizzative che abbiamo accumulato in questi anni per cercare di dare anche un nostro piccolo contributo allo sviluppo di iniziative, immaginari e ispirazioni.

“Kritik. Prontuario di sopravvivenza all’agonia del capitale” era anche una vostra rivista-libro…

Sì, “Kritik” è un libro pubblicato nel 2019 che contiene una serie di testi anonimi e di immagini che si interrogano sulla fine della civiltà capitalistica. Ciascun testo utilizzava un proprio registro linguistico – dall’analisi scientifica alla narrazione, passando per l’immagine – per analizzare l’agonia delle strutture economiche e sociali del capitalismo e le forme di resistenza ad essa. Il capitolo successivo di Kritik consta di una serie di testi raccolti durante la pandemia. In questo esperimento si è testata la cooperazione che avrebbe dato vita a Machina; in un certo senso, Kritik è stato un antesignano della rivista e, nel primo anno di pubblicazione, una delle sezioni.
Perché abbiamo chiamato questo Festival Kritik? Perché questa società continua a produrre solitudine, tristezza, follia. Per questo alla frammentazione dilagante contrapponiamo la possibilità di creare concatenamenti, costruire legami sociali nuovi, tenere vivi spazi di confronto, ritrovare una complicità di sguardi, pensieri e corpi. Consapevoli di non avere soluzioni, iniziamo a impostare una traiettoria diversa attraverso queste tre giornate di Incontri, Immaginari e Ispirazioni.

Crisi climatica, anti-razzismo, lavoro, filosofia, arte: in questa tre giorni c’è moltissimo…

Si parte venerdì con un incontro con Hourja Bouteldja, Louisa Yousfi (giornaliste autrici di due libri molto discussi in Francia) e Atanasio Bugliari Goggia (autore di un’etnografia sugli abitanti delle banlieue) sulla rivolta delle banlieue che hanno infuocato la Francia questa estate. Si continua con la presentazione di “Lo sgherru dell’autunno caldo” (una delle ultime novità di DeriveApprodi), con l’autore Valerio Monteventi con Claudio Bolognini e Tommaso De Lorenzis. Si prosegue sabato, al mattino con l’adunanza aperta a tutto il pubblico della rivista Machina, al pomeriggio con un appuntamento imperdibile: la presentazione della nuova edizione di “Spinoza” di Toni Negri – altro autore a cui teniamo molto e che è stato un assoluto protagonista delle vicende politiche italiane degli ultimi 50 anni – che discuterà con Filippo Del Lucchese e Filippo Morfino. Sabato sera la discussione del rapporto tra filosofia e arte, a partire dal libro “Lo spettatore emancipato” di Jacques Ranciere, sempre edito da DeriveApprodi, con Silvia Bottiroli, Gianluca De Fazio ed Elvira Vannini. La domenica, invece, sarà così organizzata: al mattino, la prima riunione di Doc(k)s – a cui abbiamo precedentemente – accennato; nel pomeriggio il Trekking urbano a cura di Resistenze in Cirenaica e a seguire la presentazione di “Crisi climatica, mobilità e giustizia sociale. Voci e storie del Senegal” con Elena Giacomelli, Elisa Magnani, Pierluigi Musarò e Sarah Walker. Il Festival si concluderà la sera con la performance di Pascal Adoku Zambé.
Tutti i giorni sarà aperta la liberia DeriveApprodi con l’intero catalogo della casa editrice e sarà possibile gustare i fantastici vini dell’Azienda Agricola La Torre di Montalcino (SI) e dell’Antica Cascina dei Conti di Roero di Vezza d’Alba (CN).
Come si suol dire, piatto ricco…

La necessità di costruire legami trova uno spazio fisso nel vostro caso presso il PuntoInput. Quant’è importante avere un luogo fisico di socialità mentre tutto, anche l’editoria stessa, scorre frammentato su web?

Non è semplicemente importante, è fondamentale. Crediamo, senza dubbio, che il web offra delle opportunità da non disprezzare; ma un luogo fisico – che si fa crocevia di persone e di saperi, che permette di incontrarsi, di svolgere dei corsi di formazione vis a vis, che dia il tempo al lettore di sfogliare con le novità o di scovare con cura dei libri d’interesse – è imprescindibile per una casa editrice. Inoltre, lo spazio fisico – e quindi Punto Input – permette a DeriveApprodi di farsi carne. Come dicevamo prima, teniamo molto al rapporto coi lettori, ai loro consigli e indicazioni. Non ci concepiamo come casa editrice verticale – a cui rivolgersi solo per acquistare dei libri – ma come una rete in cui i lettori sono parte integranti del nostro progetto. Una rete appunto. Punto Input ci permette di fare tutto questo. Sono tantissime le persone che si rivolgono a Francesca – che si occupa della gestione dello spazio – per chiedere consigli di lettura, i progetti della casa editrice, cosa bolle in pentola…

Avete comunque anche uno spazio online di approfondimento, Machina. Una scelta coraggiosa in un luogo (quello virtuale) che favorisce la sintesi piuttosto che l’analisi…

Pensiamo che il web possa offrire delle potenzialità: come ogni mezzo, dipende dall’utilizzo ne viene fatto. Non pensiamo ad esempio che i rapporti o le discussioni sui social network possano sostituire quelle in carne e ossa, anzi. Allo stesso tempo, il virtuale permette di allargare le reti, arrivando a persone che per limiti territoriali sarebbe difficile arrivare.
La scelta di fare una rivista online è stata pensata e deliberata. Nasce come risposta alla solitudine e alla desocializzazione imposta dal contesto pandemico, mesi in cui la comunicazione in rete subisce una portentosa accelerazione e gli scambi diventano emotivi, confusi, a tratti superficiali. Machina nasce come reazione a quel caos, cercando di dare ordine agli scambi comunicativi, stimolando riflessioni ponderate e non semplici pour parler, confronti critici e non cicaleccio. Sin dalla sua nascita Machina è organizzata per sezioni, ciascuna con il proprio tema da indagare: antirazzismo e genere; trasformazione del lavoro e dell’economia; città e questione urbana; ricerca scientifica; filosofia; inchieste, arte, letteratura e così via. Ciascuna sezione, gestita da curatori e curatrici con comprovata esperienza del tema trattato, ha una sua autonomia programmatica e produce testi di approfondimento e d’analisi.
Oltre alle pubblicazioni quotidiane c’è da considerare, poi, che la rivista ha delle specifiche adunanze fisiche – come quella che si terrà all’interno del programma di Kritik – in cui curatori e curatrici, lettori e lettrici si confrontano sullo sviluppo progettuale, sulle linee di ricerca di intraprendere. Machina funziona come un assemblaggio macchinico: una composizione dinamica di elementi eterogenei che rifuggono l’identità e, ciononostante, funzionano insieme, soggettivamente, socialmente, in cooperazione tra loro.

Organizzate anche un altro festival in cui ogni edizione è dedicata a un decennio diverso. Perché questa scelta?

L’idea è di rileggere criticamente i decenni che ci hanno portato all’oggi, un riattraversamento dei “quaranta ingloriosi” – gli anni Ottanta e Novanta e i due decenni del XXI secolo – per forgiare delle chiavi di lettura utili a comprendere il presente. Nella sua storia, infatti, la casa editrice si è occupata molto degli anni Sessanta e degli anni Settanta, anni di spiccata conflittualità sociale e politica, analizzandone i connotati politici, culturali, esistenziali. Crediamo che un siffatto lavoro debba essere fatto anche per i decenni successivi. In questo modo si può dare respiro a quanto accade oggi in termini sociali, politici, geopolitici, letterari, artistici: dando respiro, e quindi profondità, all’oggi senza cedere alle visioni di chi vede un presente senza storia e senza futuro.
Abbiamo iniziato analizzando gli anni ’80: più di 50 articoli pubblicati su Machina – che hanno restituito un quadro complessivo del decennio sotto vari punti di vista – hanno informato il Festival che si è tenuto a metà giugno. Da settembre è partita sulla rivista la ricerca relativa agli anni ’90 che si concluderà con un Festival che si terrà nei primi mesi del 2024.

Qual è il principale ostacolo che una casa editrice come la vostra deve affrontare e perché avremo sempre più bisogno di editori come DeriveApprodi?

Sicuramente la particolare conformazione del mercato editoriale – che ha delle specificità importanti che lo rendono differente dai mercati degli altri settori – è una questione che interessa la quotidianità della casa editrice. Negli anni, poi, notiamo che il sostegno alla cultura e all’editoria – che sono molto più di un semplice settore economico – va via via diminuendo.
Per quanto riguarda la seconda domanda, lasciamo rispondere direttamente i lettori e le lettrici.