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Jonathan Monk

Un'intervista sull'arte e sul calcio

Scritto da Marco Scotti il 13 luglio 2020
Aggiornato il 14 luglio 2020

Jonathan Monk during the opening for Liam Gillick and Jonathan Monk, Cool Your Jets, 2016 courtesy of the artists and Quartz Studio Torino

Da quando ho conosciuto il lavoro di Jonathan Monk, ormai diversi anni fa, sono sempre rimasto affascinato dalle immagini e dai rimandi a quella che è sempre stata una mia grande passione, evidentemente condivisa, il calcio. In fondo, nei continui incroci di questo artista tra arte concettuale e dimensione autobiografica, questo sport sembra tornare regolarmente, a partire dal suo amato Leicester City Football Club: tra i dati e le memorie personali dell’artista troviamo così le azioni modificate tramite ritagli di “The little things make all the difference”, i titoli di opere di artisti come Alighiero Boetti o On Kawara sovrapposte a vecchie formazioni ritratte in bianco e nero in “Keep Stills”, oppure le mappe di Alighiero Boetti ripensate con le maglie da calcio al posto delle bandiere e le sculture di Sol Lewitt trasformate in funzionali porte da calcio.
L’occasione per parlare con lui di questa passione comune è arrivata grazie al nuovo progetto Studio Quartz con l’artista: in questi giorni è infatti esposto nella vetrina di Via Giulia di Barolo “Three Ball Total Equilibrium Tank and other problems” (2020), una nuova edizione che unisce palloni da calcio e cementine riprese dall’iconico pavimento dello spazio torinese. Un progetto che nasce da una precedente collaborazione, quella con Liam Gillick, che aveva portato sempre da Quartz alla nascita della mostra “Cool your Jets” (2016), grazie a un dialogo in cui alle domande poste da Gillick su temi legati alla sociologia contemporanea Monk rispondeva con citazioni dal mondo del calcio.

In questa intervista mi piacerebbe parlare con te di calcio e arte. Anche se a prima vista il calcio e l’arte concettuale possono sembrare due ambiti lontanissimi, nel tuo lavoro fanno parte di un discorso unico e coerente. Qual è stata la tua prima opera che per certi versi contempla il calcio? E come ti sei accostato alle immagini, ai concetti e alle idee tratti dall’immaginario calcistico per portarli nell’arte?

Il mio primo lavoro legato al calcio si intitolava “Remake of the Weekend” e risaliva a quando studiavo, quindi al 1990-91. Rifeci una versione degli acquari della serie “Equilibrium” di Jeff Koons sostituendo i palloni da basket che galleggiavano in perfetto equilibrio con un pallone da calcio affondato e uno sospeso: il calcio è uno sport imperfetto e imprevedibile (almeno ai massimi livelli) e i tifosi non possono essere considerati troppo equilibrati.

Remake of the Weekend

In "The little things make all the difference" hai spostato il pallone in posizioni diverse manipolando vecchie foto di partite di calcio. È un gesto in qualche modo legato all’idea di verità?

Anni dopo ho scattato una serie di fotografie di cieli cupi sopra gli stadi inglesi durante le partite, quasi che questi potessero deciderne l’esito o il risultato.

The little things that make all the difference

Una volta hai detto che per un artista il concetto di originalità è molto soggettivo, dipende dal clima. Credi si possa dire altrettanto del calcio, un gioco vecchissimo che sembra ripetersi ma che al tempo stesso cambia di continuo?

Una domanda molto interessante…
Nelle partite di calcio è raro trovare della ripetitività. Le regole sono le stesse in tutto il mondo, ma il gioco non è mai noioso né uguale (anche se non è sempre vero).
Da quando ero piccolo il calcio è cambiato tantissimo, adesso è molto più veloce e la tattica ha un ruolo predominante. Penso si possa dire lo stesso del mondo artistico: con un pizzico di tattica, si può avere successo facendosi trovare nel posto giusto al momento giusto, ma forse nell’arte la fortuna conta più del giudizio.
He talks a good game but is a terrible player.

Hai dei libri sul calcio nella tua collezione?

Direi di no. Ne ho un paio di quand’ero piccolo. Mio nonno mi ha regalato un libro sulla storia del calcio che è riuscito a farsi firmare dall’intera squadra del Leicester City.

Nel tuo telefono invece adesso hai qualcosa che riguarda il calcio?

Nel telefono… devo avere qualche foto, Jamie Vardy che si riscalda a bordo campo e David Beckham in un ristorante di Berlino. Il fatto che ci fosse il divieto di scattare fotografie rende però impossibile capire chi è.
Ho anche le app di Sky Sports e DAZN, quindi posso guardare le partite in diretta.

Sei un tifoso del Leicester City che vive a Berlino: guardi ancora le partite allo stadio?

Ne guardo il più possibile in diretta su vari supporti e vado allo stadio ogni volta che posso, cosa non facile al momento, visto che proprio oggi a Leicester hanno ripristinato il lockdown.

A Summer Without Football

Provi mai nostalgia per qualcosa del calcio e dell’arte?

Sì, ma solo per momenti particolari del calcio… non tanto dell’arte, o forse è solo una cosa diversa, non c’è la stessa carica emotiva.
www.youtube.com/watch?v=MSeitke_Dpc&list=TLPQMzAwNjIwMjBeXABox9mJOQ&index=3″ rel=”

Un’ultima domanda: se potessi intervistare un calciatore, chi sceglieresti?

Difficile… forse Paul Gascoigne, un genio tragico, avevo visto questa partita quando ero a Glasgow.
www.youtube.com/watch?v=Y45fNsKqeKI