Dalla casa come rifugio alla casa come luogo di lavoro, dalla crisi abitativa ai modelli di coabitazione, fino all’impatto dei cambiamenti climatici sull’architettura domestica: la VII edizione di FOTO/INDUSTRIA, la biennale di fotografia dell’industria e del lavoro della Fondazione MAST, è dedicata al tema della casa. Non solo come spazio fisico, ma come costruzione culturale, affettiva, economica e politica che riflette la società, la tecnologia e le tensioni del nostro tempo.
A cura di Francesco Zanot, la manifestazione si apre venerdì 7 novembre e si snoda fino al 14 dicembre 2025 in dieci mostre gratuite in sette sedi del centro storico di Bologna, più l’undicesima al MAST con il grande protagonista della fotografia contemporanea Jeff Wall, con Living, Working, Surviving fino all’8 marzo 2026.
“La casa è una struttura fisica ma anche simbolo di appartenenza e identità”, spiega Zanot. Ed è proprio intorno a quest’idea che il percorso espositivo attraversa un secolo di storia, dal Novecento ai giorni nostri esplorando il modo in cui la fotografia ha raccontato la casa come specchio del mondo.
A Palazzo Bentivoglio, Matei Bejenaru con Prut fotografa i villaggi lungo il fiume che segna il confine fra Romania e Moldavia, territorio di frontiera dove la grande Storia si riflette nella quotidianità rurale. A Palazzo Vizzani, Alejandro Cartagena mette in discussione il sogno della casa di proprietà in A Small Guide to Homeownership, viaggio tra i sobborghi di Monterrey che svela le contraddizioni della suburbanizzazione latinoamericana.
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Negli spazi del Palazzo Bentivoglio Lab, il collettivo Forensic Architecture rilegge la storia recente della Palestina attraverso mappe, immagini e ricostruzioni 3D in Looking for Palestine, indagine che intreccia architettura, giustizia e memoria. Alla Fondazione Collegio Venturoli, Julia Gaisbacher racconta l’esperimento di edilizia partecipata austriaca My Dream House is not a House, mentre Vuyo Mabheka reinventa la propria infanzia nelle township sudafricane con Popihuise, dove la casa diventa costruzione simbolica e affettiva. Nella stessa sede, Mikael Olsson esplora le architetture di Bruno Mathsson in Södrakull Frösakull, serie di immagini che restituiscono la vitalità e la fragilità del moderno.
Al MAMbo, Quarta casa di Moira Ricci ripercorre venticinque anni di ricerca sulla memoria e sull’identità, con la Maremma come luogo di intreccio fra storia familiare e cultura popolare. La Pinacoteca Nazionale ospita invece Some Homes di Ursula Schulz-Dornburg, viaggio tra Olanda, Russia, Iraq e Indonesia sulle forme dell’abitare temporaneo e primordiale. Alla Fondazione Del Monte, Microcosmo Sinigo di Sisto Sisti racconta la vita operaia nel villaggio Montecatini di Merano, una comunità ritratta come casa collettiva attraverso seicento immagini d’archivio. Infine, allo Spazio Carbonesi, Kelly O’Brien intreccia storia personale e politica in No Rest for the Wicked, riflessione sul lavoro invisibile delle donne e sulla casa come luogo di fatica e resistenza.
Parallelamente, la mostra Living, Working, Surviving di Jeff Wall nelle Galleries del MAST riunisce una selezione di opere tra light box e fotografie in bianco e nero di grande formato: rappresentazioni potenti della vita post-industriale e delle tensioni della società tardo-capitalista, in un equilibrio costante tra costruzione e realtà.









