Abbiamo fatto un viaggetto. Siamo andate a Castelfranco Veneto, in mezzo al Veneto e, per chi non fosse avvezzo, praticamente al centro tra Treviso (nella cui provincia gravita), Padova e Vicenza. Che ci arriviate in treno o in autostrada, un leggero sconforto paesaggistico vi coglierà, ma solo per ricredervi una volta giunte in vista del fossato e delle mura della cittadina, che rendono tutto molto poetico. Già famosa per il suo legame con il Giorgione, di cui racchiude una splendida pala nel Duomo e anche il Museo Casa Giorgione – che però non era casa sua ma è un museo a lui dedicato – nel 2017 diventa palcoscenico di una grande ferita: il fallimento della Banca Popolare di Vicenza, che ha lasciato una cicatrice indelebile nella vita e nello spirito delle persone del territorio. Ma come stiamo imparando, questi spazi di fragilità e fallimento, sono spesso le alcove di nuove possibilità in cui l’arte è capace di germogliare e portare prospettive inaspettate attraverso la cura, l’elaborazione e la valorizzazione.
La sede della suddetta Banca era Palazzo Soranzo Novello: un edificio dall’anima e dall’estetica doppia: metà palazzo Settecentesco – con barocchi lampadari in vetro colorato e boiserie – e metà edificio in stile anni Sessanta con ancora tutti i dettagli di una vecchia banca, dagli sportelli in legno giallognolo e vetro, agli armadi in metallo. In mezzo, a cucire le due anime, una grande scalinata.
Mi dilungo nella storia che precede la mostra che vorrei raccontare, perché è parte integrante del progetto. Ciascuno di questi dettagli e momenti storici, sono stati una sliding door per arrivare a Portofranco, nella forma e nell’anima che abbiamo conosciuto durante il weekend di inaugurazione il 15 novembre e che avrete modo di visitare fino al 14 febbraio.
Ma prima di arrivare qui c’è ancora un dettaglio importante della storia, ovvero il fatto che, dopo anni di abbandono, Palazzo Soranzo Novello è stato acquisito dal comune di Castelfranco nel 2021, per renderlo Museo Civico. Nel 2023, con l’evento Temporanea. Esibire. Documentare. Recuperare, il Palazzo è stato ufficialmente presentato alla comunità, delineando i principi cardine della sua valorizzazione: esposizioni d’arte, promozione della creatività e dell’arte contemporanea, tutela del patrimonio storico-artistico della città. E oggi, 2025, in quel Palazzo ci siamo state anche noi per la mostra Portofranco, curata da Rossella Farinotti, promossa e realizzata da NOT Titled YET – lo splendido team, composto da Eleonora Santin, Alessia Romano e Chiara Mantegazza, che ormai la accompagna e che abbiamo già conosciuto in occasione di Cremona Contemporanea – in collaborazione con il Comune di Castelfranco Veneto e Museo Casa Giorgione.
Bastano queste poche informazioni per capire che stiamo parlando di un lavoro corale che non atterra sul territorio pianeggiante del Veneto come un’astronave ma che, a modo suo, ha ragionato fin da subito come un organismo che ha preso forma in quanto parte di una storia e che cerca di essere consapevole e responsabile di tutto questo, aprendo porte su nuove possibilità.
Ho passato tre giorni a Castelfranco e ho attraversato la soglia di quel famigerato Palazzo diverse volte, ho salito e sceso quelle scale di sutura fino a tonificare i polpacci e ho cercato in tutti gli scorci delle stanze per non perdere neanche un dettaglio di questa ricca mostra. Ventitré artistə e cinque progetti speciali che si relazionano in modo specifico con la spazio, sia grazie a una minuziosa curatela e allestimento, sia attraverso una serie di progetti site specific, che conferiscono una sensazione di dialogo delicato e molto rispettoso verso il luogo, anche se incisivo da un punto di vista dei contenuti. La cosa che si evince muovendosi tra le varie stanze, oltre davvero a godersi dei lavori di arte contemporanea di altissimo livello, che va al di là del gusto personale, è l’intensità delle opere. Aleggia nell’aria una leggera tensione, forse figlia di quella ferita e del successivo abbandono, che lə artistə canalizzano in modo differente, anche con tratti molto umoristici, ma sempre chiedendoci una grande concentrazione e prontezza emotiva.
Vi lascio qualche suggestione che mi ha particolarmente colpita: partiamo dallo sportello bancomat all’interno del quale è installato il video Tenuto immerso di Daniele Costa (artista di Castelfranco – i cui abitanti si chiamano castellani – e chiave di connessione fondamentale per il progetto) che racconta in modo non didascalico il luogo stesso, con immagini girate in anni precedenti, ancora intrise di tutte le sfumature dell’abbandono dell’edificio; così come il Magazzino Anime, opera del duo Stefano Comensoli_Nicolò Colciago (aka SC_NC), che consiste in un mazzo di centinaia di chiavi trovate in luoghi abbandonati che giace su una scrivania, pesante e intenso. Sulla prima rampa di scale ci osserva un enorme fantasma di Adam Gordon che scruta, mentre al primo piano è assolutamente impossibile non restare sconvolte, sorprese e impressionate da Flea Market Lady (detta amorevolmente Rose) di Duane Hanson – anche se non mi crederete sappiate che è bronzo. Maurizio Cattelan si presenta con tre lavori che, a suo modo, racchiudono graffiante ironia: sono piccoli piccoli ma molto invadenti. Accanto a uno di loro si dispiega la suggestiva e, per me, struggente installazione di Anime di Cristallo di Silvia Mariotti, una natura stupenda che traspira catastrofe. Nel lato settecentesco del palazzo Marco Bongiorni restituisce al luogo la sua rabbia con i suoi magnifici 8 Teste di Molossi mentre le Goldsmith e Chiari, in dialogo con Zoe Williams, ci regalano una delle sale più eleganti e accoglienti della mostra, con una raffinata gamma cromatica di vetro, specchi e tocchi di sensualità.
Anna Galtarossa sublima l’intero edificio e tutto il suo passato con un immenso Scacciapensieri sulla facciata interna e, ultima nota, per i VENERDISABATO che, con le loro voci e i loro ritmi diversi, ci hanno raccontato i lavori in mostra con una performance che ci ha liberati nelle risate e nell’intelligenza delle parole che rotolano fuori dallo sguardo.
Non ho detto tutto, ho tralasciato molto di ogni abitante di quel luogo, ma avete tempo fino al 14 febbraio (tipo andateci a fare San Valentino) e poi ci sarà un calendario di appuntamenti speciali anche nei prossimi mesi.
Con il biglietto della mostra sono incluse anche le altre realtà di Castelfranco, come il Museo Casa Giorgione dove potete trovare anche due sculture – Temple of Light (Sun) e Temple of Light (Moon) – realizzate appositamente da Alice Ronchi.
Un po’ di info utili (anche se il loro sito è fatto muy bien e trovate tutto).
Dal 15 novembre 2025 al 14 febbraio 2026
Lunedì – Martedì – Mercoledì: chiuso
Giovedì – Venerdì – Sabato – Domenica: 10:00-19:00
BIGLIETTO DI INGRESSO
INTERO – € 10
Castelfranco Card: chiunque acquisti il biglietto intero ha diritto anche alla visita degli altri siti presenti all’interno della città di Castelfranco Veneto (Museo Casa Giorgione, Torre, Camminamento delle mura, Studiolo Vicolo dei Vetri, Teatro Accademico) con validità di un anno.
RIDOTTO – € 5
Residenti nel comune di Castelfranco Veneto, Under 25, Over 65, gruppi con più di 15 partecipanti.
SCUOLE/UNDER 18 – € 1
GRATUITO
Bambini fino ai 6 anni, portatori di handicap, guide turistiche autorizzate, capogruppo o guida propria per gruppi, giornalisti accreditati.










