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Rimpiangere Atlantide è (re)immaginare Atlantide. Qui. Adesso.

Scritto da La Redazione il 6 febbraio 2025

Dopo aver scoperto dalle stesse attiviste di Atlantide dello sgombero del 2015 che le era stato taciuto, l’artista Gabrielle Goliath ha deciso di includere una lettera di solidarietà all’interno della sua installazione Elegy inaugurata oggi in Porta Santo Stefano in occasione dello Special Program di ART CITY, Le porte della città.

La pubblichiamo integralmente.


Rimpiangere Atlantide è
(re)immaginare Atlantide
Qui.
Adesso.

Elegy è un lavoro in divenire, una pratica femminista black di riparazione e lutto dedicata alla commemorazione delle donne e delle persone LGBTQIA+ perse a causa della violenza razziale e di genere quotidiana, in Sud Africa e in tutto il mondo. Come performance, negli anni Elegy è stata messa in scena ovunque nel mondo: all’interno di chiese, spazi pubblici, gallerie e musei. Ha viaggiato molto anche nella forma di installazione, la stessa che ora risuona a Bologna, tra i muri di quella che la comunità locale ancora chiama Atlantide. Ogni opportunità di presentare questo lavoro per me rappresenta un onore, ma anche un modo di onorare le persone di cui parla: Lerato, Joan, Hannah, Camron, Kagiso, Noluvo, Sizakele, Salome, e tutt* coloro che vengono ricordat* nello sforzo collettivo e sonoro di questo lamento.

Questa esibizione in particolare, però, richiede un lavoro di riconoscimento aggiuntivo (ma non separato). Un altro honouring femminista queer. Sono profondamente grata alla comunità di attivist* transfemminista queer cittadina, che con generosità e cura mi ha accompagnata attraverso una storia di cancellazione ed espulsione collegata allo spazio in cui vi trovate ora, e in cui Elegy risuona.

Dal 1999, Atlantide è stata un luogo di cultura underground queer e punk – un rifugio, un luogo di gioia, creatività e apprendimento, occupato e autogestito da tre collettivi: Nulla Osta, Clitoristrix e Laboratorio Smaschieramenti. Nel 2015 (proprio lo stesso anno in cui ho messo in scena la prima performance di Elegy), la polizia ha chiuso questo spazio con uno sgombero violento, eseguito su richiesta dell’amministrazione locale. Nonostante una dichiarazione di solidarietà internazionale firmata anche da esponenti di spicco della cultura femminista queer come Judith Butler e Susan Stryker, Atlantide è rimasta chiusa dietro a un muro di mattoni. Inutile dire che la cancellazione e delegittimazione (vita queer = criminalità) demarcata da questa azione rappresenta una ferita profonda per la comunità LGBTQIA+ di Bologna, che dieci anni dopo sta ancora faticando a trovare posti accoglienti e non commerciali per la socialità queer e l’organizzazione politica.

E così, il lavoro di lutto e celebrazione invocato da Elegy deve estendersi anche a queste perdite, mentre rifiutiamo collettivamente le condizioni di disconoscimento e la gerarchizzazione delle vite, e lavoriamo per affermare che è possibile amare e piangere le vite black, brown, femme, queer e trans. Questo lutto è uno sforzo politico di invocazione, in cui richiamiamo attivamente chi e cosa abbiamo perso a causa del disconoscimento sistematico dell’eteropatriarcato bianco, e con coraggio, cura, comunità e ostinazione, ambiamo a performare il mondo in modo diverso. In questo lutto che è il lavoro di una vita, rimpiangere Atlantide è rifiutare la sua cancellazione, e immaginarlo nuovamente. Qui. Adesso.

In alleanza e con amore,

Gabrielle