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Giovanni Uda Gandolfi

(Quasi) tutto l'Uda che conta in occasione dei dieci anni del Locomotiv

Scritto da Salvatore Papa il 4 novembre 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Gandolfi del Locomotiv, Gandolfi di Unhip, Gandolfi di Murato, Gandolfi di Radio Città del Capo. Uda, per gli amici (e ci spiegherà perché), l’uomo dietro i Disco Drive, gli Zen Circus, i Drink To Me, Settlefish e tanti altri. Il San Giovanni protettore dell’underground musicale italiano (e non solo). Uno che di storie ne ha parecchie e che, con l’occasione dei dieci anni del Locomotiv (di cui fa parte assieme a Gabriele Ciampichetti, Massimiliano Galli e Michele Giuliani), abbiamo provato a scucirgli prima della data di Makaya McCraven, il jazzista americano che segna anche il rilancio di Unhip rec. con un progetto speciale insieme a Iosonouncane.

Ecco il nostro interrogatorio.

Con Bombino
Con Bombino

Data e luogo di nascita
Bologna, 6 Dicembre non dico l’anno perché l’età non si chiede ad una signora.

Perché hai deciso di restare a Bologna? Hai mai pensato “basta, me ne vado”?
Essendoci nato e cresciuto è stato abbastanza naturale diciamo. Pur considerandomi cittadino del mondo ed aver viaggiato parecchio non ho mai realmente pensato di trasferirmi altrove, anche se ho blandamente accarezzato l’idea degli Stati Uniti e, in Europa, le consuete Londra e Berlino (in altra epoca però, ora non mi passerebbe per l’anticamera del cervello). In Italia invece, se dovessi essere forzato all’esilio, probabilmente potrei affrontare Milano che ormai dista un giro di Rolex. Ma anche no, dato che oltre ad avere il cuore rossoblu non credo riuscirei a privarmi per molto del fascino discreto della tagliatella e della libertà data dal poter girare in biga. E mi ha sempre stimolato l’idea di cercare di dare qualcosa alla mia città, facendo belle cose da qui, possibilmente facendole conoscere al mondo o portandovici artisti spessi. Professionalmente mi avrebbe sicuramente giovato spostarmi considerando anche il mio carattere e la conoscenza dell’inglese, ma qualsiasi tipo di rimpianto viene presto annegato in secchiate di tortellini in brodo.

Com’è stata la tua giovinezza? Ci racconti qualche cazzata che hai fatto e di cui vai fiero?
In realtà mi sento tutt’ora uno sbarbo, motivo per cui continuo a fare cazzate con una certa regolarità. C’è un’aneddotica piuttosto vasta a riguardo, ma preferirei glissare. Professionalmente una cazzata di cui vado fiero (ma non è la sola) è quella di aver invitato a suonare a Bologna James Blake un po’ troppo precocemente, e nonostante costasse una cifra irrisoria rispetto ad ora fu un bagno di sangue. Dopo pochi mesi James Blake è diventato discretamente giga per cui fa abbastanza ridere pensarci ora. Se invece vogliamo parlare di giovinezza anagrafica immagino che i Nirvana, Seattle e quelle robe lì mi abbiano aperto un mondo sotterraneo che ho cominciato ad esplorare avidamente perdendomi un po’ in tutti i generi musicali. Essendoci anche un certo fardello etico legato a quel periodo e a quel modo di intendere la musica, devo ancora capire se essere maturato in quegli anni sia stata una sfiga o una fortuna.

Gandolfi al Link di via Fioravanti come dj
Gandolfi al Link di via Fioravanti come dj

 

Oggi Bologna com’è? E tu come te la vivi?
Me la vivo in maniera abbastanza polleggiata, ci sono certamente aspetti del passato che mi mancano ma mi piace guardare al presente e non faccio parte del partito dei lamentosi, anche se alcune cose fanno certamente incazzare parecchio. Al contempo non si può certo ignorare l’entità dell’offerta culturale. Il problema, piuttosto, è nella mancanza di domanda, ma è un problema globale e non solo bolognese.

Perché ti chiamano Uda?
È l’acronimo di “uomo dell’anno”. Nei primi duemila la mailing list dei Giardini di Mirò per gioco eleggeva l’uomo dell’anno e vincendo tutti gli anni mi è rimasto attaccato come soprannome.

Unhip come nacque?
Daniele (Homesleep) mi convinse a fare degli split in vinile di gruppi stranieri, in cordata con anche Amedeo (Bruni), Giovanni (Lorenzoni) e Arturo (Compagnoni). Avendo raggiunto una distribuzione capillare in Italia e all’estero ho quindi iniziato a lavorare su gruppi italiani (esportabili) seguendo tutto da solo, di fatto facendolo a tempo pieno e non più come hobby.

Ora qual è la situazione dell’etichetta? E com’è messo il mercato discografico?
C’è stato un periodo sabbatico di relativa immobilità a livello di uscite, dovuto principalmente alla crisi del mercato discografico e allo scioglimento delle bands cardine del roster. Mentre prima seguivo l’etichetta e organizzavo un concerto al mese, i valori si sono scambiati organizzando ora concerti a tempo pieno e talvolta facendo uscire qualche disco. Grazie all’aiuto della mia ragazza (Giulia) ora ricominceranno le uscite con lo spirito degli inizi. Quindi grande cura del packaging e progetti “speciali”, il primo dei quali sarà registrato il 9 novembre e vedrà protagonisti Iosonouncane (ovvero il nome più interessante sulla scena nazionale) e Makaya McCraven con la sua band (grandissimo jazzista sperimentale americano, il suo disco è stra-consigliato). Insomma si riparte belli carichi.

gandolfi

C’è una band di Unhip alla quale sei particolarmente affezionato?
Essere una one-man label ed avere più gruppi nel proprio roster è un po’ come avere varie fidanzate, per cui bisogna fare molta attenzione a non fare favoritismi o innescare gelosie. In realtà sono genuinamente molto affezionato a tutti anche perchè il rapporto umano è sempre stato il fondamento di tutto, il gruppo che però ho seguito in toto dal primo all’ultimo disco, col quale sono cresciuto in parallelo e con cui mi sono tolto forse più soddisfazioni sono stati i Disco Drive. Ovviamente, però, se penso ai vari Settlefish, The Death Of Anna Karina, Buzz Aldrin, Blake/e/e/e, Drink To Me, The Zen Circus del periodo migliore, Egle Sommacal ecceteraeccetera è impossibile non andarne tracotantemente fieri.

Hai ancora quella passione per la musica?
Sì.

Sei anche parte di Radio Città del Capo. Come ci arrivasti?
La radio è stata la mia prima esperienza in campo musicale, Wu Ming 2 mi invitò a condurre il programma con lui e dal 1993 vado avanti a proporre novità molto strambe dei generi musicali più disparati. Ora vado in onda tutti i mercoledì sera dalle 21 alle 22.30.

gandolfi radio città del capo

La tua esperienza col Locomotiv invece come ha inizio?
Da organizzatore saltuario di concerti nel 2007 e 2008, e dal 2009 in pianta stabile. Avevo già fatto tante cose, principalmente al Covo, e dopo averlo lasciato e fatto rassegne in varie location in città quando ha aperto il Locomotiv è stato per me il posto giusto al momento giusto.

Dopo dieci anni, qual è il motivo che vi spinge a continuare?
L’incoscienza.

Quando fu interrotta l’estate in Piazza Verdi, cosa pensasti?
Che si stava mandando all’aria il lavoro e l’impegno di tante persone, che a mio avviso avevano reso quel luogo finalmente vivibile da tutti, con dei contenuti di spessore e raggiungendo di fatto gli obiettivi che le ordinanze di questi anni non sono riuscite a raggiungere. Una grandissima stronzata insomma, veramente gigante.

E il Dopolavoro Ferroviario com’è cambiato in questi anni?
Progressivamente e inesorabilmente in peggio. Speriamo ardentemente che il comune subentri presto nella gestione del parco, prima che faccia la fine di Aleppo in Siria. Anche perchè potenzialmente sarebbe un gioiello in una zona della città geograficamente ideale.

Il concerto che ricorderai per sempre e quello che vorresti dimenticare?
Non saprei, ne ho visti troppi oggettivamente. Premesso che di molti ho un ricordo abbastanza approssimativo, quelli da dimenticare in generale sono quelli per cui si hanno grandi aspettative che vengono disattese, a causa della bassa qualità della performance o dal rendersi conto che l’artista è in realtà umanamente uno stronzo. Se poi si è organizzatori e il concerto va pure male finanziariamente allora meglio veramente dimenticare.

Con Caribou
Con Caribou

Per questo decennale cosa ci aspetta?
Bombette a profusione. Qualche vez come i Morphine, nuovi regaz come i Preoccupations (ex Viet-Cong), l’unica data italiana degli africani Tinariwen o chi all’Africa si ispira come Joan As Police Woman col nuovo disco. Ma quello per cui la salivazione si sta già facendo insostenibile è Makaya McCraven, un jazzista sperimentale di Chicago che ha fatto un disco fotonico con una band clamorosa. Basta un ascolto del suo “In The Moment” per rimanerci sotto, tatuatevi la data dell’8 novembre perchè è veramente imperdibile. Nel 2017 altre chicche che non sono ancora annunciabili.

Com’è organizzare eventi a Bologna? E com’è stato in questi anni il rapporto con le istituzioni e il quartiere?
Un po’ da brivido, entrambe le cose.

Quando non sei al Locomotiv, che posti frequenti volentieri?
Il divano spacca. Mi sento a casa anche al Freakout Club, da Modo Infoshop e all’Infedele di Via Gerusalemme.

Oltre alla musica hai altre passioni? E dove riesci a soddisfarle in città?
Qui si vìola la mia privacy, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

Cos’è che ti diverte? E cosa ti annoia?
I doppiaggi di Fabio Celenza. La burocrazia.