Ad could not be loaded.

Peppe Morra

Il creatore della Fondazione Morra-Museo Nitsch prepara Casa Morra e cento anni di mostre settennali

Scritto da lucrezia Longobardi il 2 febbraio 2017
Aggiornato il 8 febbraio 2017

Luogo di nascita

Napoli

Luogo di residenza

Napoli

Peppe Morra, figura di spicco dell’area culturale e artistica napoletana, attivatore di progetti di grande spessore e “importatore” di artisti internazionali. Mecenate, collezionista, gallerista, sono tutti sostantivi riduttivi; significano tutto e niente. Agitatore culturale è, forse, il termine più completo per descrivere la figura di quest’uomo vestito di nero, accentratore di energie culturali.

Napoli dalla Vigna di San Martino
Napoli dalla Vigna di San Martino

ZERO: Vorrei chiederti qualcosa con cui partire dal principio. Sei napoletano, nato e cresciuto in città, e la tua provenienza è da una famiglia di imprenditori. Da cosa è nato l’amore per l’arte? C’è stato un episodio particolare?
Peppe Morra:
Si può pensare che l’arte provenga da una ricerca intellettuale, dallo studio, invece l’arte è nella persona. Nasce e vive con la persona. Quindi posso dire di essere stato affascinato da un quaderno dove c’era una pagina su Van Gogh, posso anche dire che l’attenzione verso l’arte è qualcosa che precede in me anche quel riconoscimento formale. Durante la crescita ho avuto esigenze diverse, ma la mia ricerca conoscitiva rimaneva orientata verso la fascinazione per la natura e la sua radice mistica. E ricordo che, quando ero bambino, preferivo marinare la scuola per andare in giro per le campagne.

Quello con la natura è dunque un rapporto antico per te….
Analizzare tutto ciò che ti circonda con un’attenzione particolare, scrutando i fenomeni naturali con precisione, è diventato da subito il perno della mia ricerca infantile. Osservare il cielo stellato, guardare dei fiori, ammirare gli animali, in modo particolare le farfalle e le lucciole o le lumache per cui la casa è il loro stesso corpo. Insomma, una cosa che succede a molti bambini. Poi qualcuno crescendo conserva quella consapevolezza dell’essere, del vivere, del partecipare, dell’essere una cosa unica con la natura stessa, la storia stessa e il pensiero.

La leggenda associa te al primo mecenate che ha condotto qui Hermann Nitsch e, infatti, la tua figura è molto legata a questo personaggio, ma prima di quel momento cosa ha fatto Peppe Morra?
Prima di quello ho fatto esperienza con alcuni artisti napoletani e non. Ricordo che già che attorno al ’69 o ‘70, ho avuto modo di conoscere una gallerista di Roma, Gianna Fileccia, che lavorava con Sergio Lombardi o Tullio Catalano o ancora Ettore Innocenti. Iniziava una fase dell’arte post ideologizzata e un pensiero estetico diventava sempre più determinante.
Ma ancora più indietro nel tempo realizzo i primi progetti. Nei primi anni ‘60, nello spazio al Vomero ho lavorato con diversi amici artisti: Mainolfi, Maraniello, Sergio Lombardi, Gianfranco Baruchello -ultima mostra nel mio primo spazio prima di trasferirmi a via Calabritto, dove insieme a Lucio Amelio abbiamo cominciato a ‘camminare vicini’-. Nitsch è stato sicuramente il primo artista che mi ha dato la possibilità di riprendere e comprendere quelle che sono le esperienze precedenti dell’uomo, di cui abbiamo detto prima; la natura, l’istinto. Non sono comprensibili le ragioni dell’istinto determinate dall’esperienza della vita e della natura; questo cercarle, molto spesso, ti avvicina all’arte.

Hai menzionato Lucio Amelio, il tuo rapporto con lui qual è stato?
Noi siamo stati molto amici, Lucio mi ha cercato quasi, e quando mi ha trovato mi ha sollecitato a cambiare zona, e quindi dal Vomero a trasferirmi a via Calabritto.

Che è una zona più centrale della città..
Era più centrale e più vicina a lui!
Del nostro rapporto, in onestà posso dirti di non sapere chi è stato il maestro e chi l’allievo tra me e lui.

Questa è una cosa bellissima.
C’è stato uno scambio ricchissimo tra noi.

Peppe Morra con Hermann Nitsch
Peppe Morra con Hermann Nitsch

E Nitsch quando lo hai portato qui a Napoli, come lo ha accolto la città?
Napoli, allora come oggi, era ed è, una città di grande fervore culturale. L’artista bravo ne percepisce il senso e ne viene attratto, come una calamità, un pensiero schizofrenico.
Questo è successo a me in primis, ed a tutti gli artisti che ho avuto il piacere di ospitare in questa magnifica città.

Infatti tu sei stato un traino incredibile per questo luogo, che ha avuto la capacità di attirare un numero spropositato di artisti e dargli modo di divenirne parte.
Nitsch, Alan Kaprow, Dick Higgins, Charlotte Moorman, Gina Pane, Marina Abramovic…, ci sono tanti nomi assoluti. Tutti venivano a Napoli con la curiosità di comprenderne la bellezza, il sapere, il piacere stesso della città. Molte volte, frastornati dalla vivacità culturale partenopea mutavano completamente i loro progetti, cambiavano forme. Bob Watts arrivato a Napoli con un progetto, dopo appena cinque giorni mi comunica che la sua idea non aveva più senso e quindi aveva l’esigenza di costruirne una nuova. Molti artisti hanno pensato e vissuto così la città.
Questa è l’unicità della mia collezione, non è fatta di lavori portati da una città ad un’altra, nascono qui, con me.

Perché per te ha avuto sempre molta importanza la tua città?
Sono un napoletano e penso a questo con felicità, convincendomi fermamente che Napoli è la più bella città del mondo. Un luogo straordinario, composto da una bellezza e un’unicità sublimi al quale l’uomo, il napoletano che ne è figlio, può solo sottostare.
Napoli è la terra. La si può prendere con le mani, odorarla, assaggiarla, ascoltarla, vederla. Non c’è niente di paragonabile ad essa.

L'area della Vigna di San Martino
L’area della Vigna di San Martino

La nostra chiacchierata avviene nella vigna di San Martino. Ricollegandoci al discorso principale, ovvero la natura, non posso non chiederti qual è il tuo rapporto con questo spazio verde e cosa è stato che ti ha spinto ad acquisirlo.
Come tutte le cose successe nella mia vita, questa non poteva non accadere. È una combinazione delle due cose cui mi sono riferito: intelletto e natura. E poi c’è il fatto che quando c’è qualcosa che gli altri non vogliono, o non pensano possa aver senso mantenere, la sua esistenza, per me, diventa invece uno scopo.

96 Aktion Hermann Nitsch, alla Vigna di San Martino. Courtesy Cibulka
96 Aktion Hermann Nitsch, alla Vigna di San Martino. Courtesy Cibulka

E, infatti, mantenere questo pezzo di verde pulsante qui a Napoli è stato un tuo obiettivo.
Quando sono arrivato qui era impossibile capire cosa poteva essere salvato. Poche piante, molte aree erano distrutte dal materiale di risulta. È iniziata allora una ricerca costante di qualcosa di misterioso e sepolto che lentamente veniva alla luce. Qualcosa che cerchi di afferrare pur non essendo certo che esista, affidandoti solo ad un intangibile sentimento.

Mi dicevi qualche tempo fa che in questo spazio non ti piacerebbe avere parte della fondazione, ne della tua collezione. Mantenerlo distaccato da quello che è il tuo mondo dell’arte.
Si, questa è stata una scelta operata sin da principio, anche se dolorosa e non vantaggiosa sia dal punto di vista economico che d’immagine. È stata una rinuncia anche a molte richieste di amici artisti che venivano suggestionati. Fare un parco per la scultura nella città di Napoli sarebbe stato una vetrina di livello internazionale. Però ho pensato che sarebbe stata la distruzione di qualcosa di più bello ancora.
Ovviamente non mi dispiace fare delle pièce teatrali, serate di musica, di poesia. Con Nitsch abbiamo fatto anche una festa lunga un giorno, con degli attraversamenti dei vari luoghi. Ma sempre con la concezione che la natura è arte. E che nell’arte c’è la natura.

Peppe Morra nello scalone di Casa Morra, inaugurata nell'ottobre 2016
Peppe Morra nello scalone di Casa Morra, inaugurata nell’ottobre 2016

Se non la vigna è stata Casa Morra a divenire lo spazio abitativo dell’arte, archivio di arte contemporanea situato in quello che è il complesso di San Raffaele, esattamente nel Palazzo Ayerbo D’Aragona Cassano, che misura oltre 4000 mq.
Se uno pensa che le cose si devono fare, quando arriva il tempo bisogna agire. C’è un progetto in azione da anni che prevede un cambiamento culturale, sociale e imprenditoriale in una zona dove negli ultimi dieci anni un mutamento è avvenuto, il quartiere dell’Avvocata. Casa Morra aggiunge un nuovo tassello all’ampio progetto Il Quartiere dell’arte.

Casa Morra
Casa Morra

È un nome importante Casa Morra, evoca una dimensione molto intima.
Dici che è importante? Non so, forse si. Ho unito la necessità di utilizzare grandi edifici con quella di mantenere la piccola dimensione, una dimensione familiare.

Hai parlato di questo progetto di cento anni, dove hai già calcolato le prossime mostre che andranno di 7 anni in 7 anni.
È un programma complesso. C’era bisogno di certezza sin da principio, quindi ho stabilito questi primi 7 anni, poi due anni di attesa, poi altri tre artisti per sette anni ciascuno, che sono quasi 30 anni. Poi 21 anni in cui ci dovrebbe essere una sola mostra di un solo artista per tutto l’intero spazio di Casa Morra. E così via. Nel frattempo, però, garantirò comunque spazio ed energie a quelle esperienze che potrebbero nascere con artisti giovani, o comunque con quei maestri con i quali nel passato non ho potuto lavorare, o acquisire dei lavori. L’idea di pensare al programma di Casa Morra come ad un grande gioco dell’oca ti dà la possibilità di poter giocare. Intorno al tempo e in modo particolare al non-tempo.

peppe-morra-teresa-carnevale
Con Teresa Carnevale, presidente del Museo Nitsch

Kaprow, Cage, Duchamp. Sono loro i primi tre protagonisti ad occupare Casa Morra. Che dialogo hanno instaurato, e perché questa valorosa scelta?
Questa prima mostra tratta il tema del caso, del caos.
Il principio della casualità anima il percorso simbolico del gioco dell’oca, posto a fondamento dello statuto e del divenire di questo grande progetto. La prima mostra si apre pertanto con tre artisti che della casualità hanno fatto pratica creativa. L’introduzione alla funzione del caso e la metodologia dell’imprevedibile come lettura quotidiana faceva parte del portato di tutti e tre questi artisti.