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Speciale MILANO MUSICA: Pierre Boulez

Nell'ambito del programma della 24ª edizione del Festival Milano Musica dedicato a Bruno Maderna, la serata del 2 novembre è in gran parte un omaggio a Pierre Boulez, figura di riferimento nel panorama della musica contemporanea. Ecco un piccolo manuale per arrivare preparati al concerto.

Scritto da Anna Girardi il 29 ottobre 2015
Aggiornato il 13 novembre 2015

12/8/06 -- CSO Tour Photography New York © Todd Rosenberg Photography 2006

Il 2 novembre, Milano Musica e il Teatro alla Scala festeggiano i 90 anni di Pierre Boulez con una serata a lui dedicata; per l’occasione, Pierre-Laurent Aimard e Tamara Stefanovich eseguiranno tre suoi brani per pianoforte – Douze Notations (1945), Première Sonate (1946/49) e Deuxième Sonate (1946/48) – affiancati da Visions de l’Amen (1942/43) di Olivier Messiaen, suo maestro e guida. Pierre Boulez è uno dei compositori contemporanei più conosciuti e seguiti, nonostante la sua indole schiva e riservata. Andiamo a conoscerlo insieme.

CHI: Pierre Boulez è “IL” compositore contemporaneo per eccellenza. Assieme a colleghi come Berio, Nono, Stockhausen, Maderna, ha rinnovato il linguaggio musicale del dopoguerra divenendo un colosso della storia della musica del secondo Novecento. Di fronte alla distruzione e all’abominio della Seconda Guerra Mondiale, Boulez ha reagito sposando e sostenendo appieno l’idea della necessità di eliminare il passato per ripartire da zero – idea che, come abbiamo visto, fu contestata da Bruno Maderna. Fu quindi uno dei protagonisti della scuola di Darmstad, ebbe una concezione della musica molto più legata all’aspetto teorico che a quello sensoriale, ha scritto parecchi testi esplicativi e nella sua musica c’è molto intellettualismo. Ha intrapreso anche la carriera di direttore d’orchestra che l’ha visto per lunghi anni sul podio della New York Philarmonic e della BBC Symphonic Orchestra, e gli ha fruttato il premio Wolf del 2000 e 17 Grammy Awards.

DOVE: Francese di Montbrison, Boulez iniziò gli studi di matematica all’Università di Lione seguendo le tracce del padre che era ingegnere. Decise poi di abbandonarli a favore di un percorso musicale presso il Conservatorio di Parigi, sotto la guida di Olivier Messiaen, Andrée Vaurabourg e, più avanti, nell’autunno del 1945, di René Leibowitz, allievo di Schöemberg. Fu proprio Leibowitz a introdurlo alla musica di Anton Webern e alla dodecafonia. Da allora, la sua carriera di compositore e direttore d’orchestra è stata in continua crescita, e ai giorni nostri Boulez è figura di riferimento nel panorama della musica contemporanea. In Francia ha incarnato per anni la musica contemporanea in maniera totalizzante, divenendo figura di importante rilievo anche politico e istituzionale. Dopo aver girato il mondo si è stabilito ora a Baden Baden, in Germania.

COSA: Boulez ha composto, diretto e insegnato. Iniziò, come molti suoi coetanei, a comporre secondo uno stile seriale dodecafonico post-weberniano. Negli anni Sessanta fecero scandalo le sue dichiarazioni sulla necessità di fare tabula rasa di tutto ciò che riguardava il passato: Boulez si vantava con Leonardo Pinzauti in una celebre intervista di non conoscere l’Otello di Verdi e mostrava disinteresse assoluto per il mondo dell’opera lirica. Con il provocatorio slogan «Schönberg est mort!», assieme al tedesco Karlheinz Stockhausen e al belga Henri Poussen, operò il radicale tentativo di serializzare ogni fattore costitutivo della composizione, non solo le altezze, ma anche durate, dinamiche, timbri e modi di attacco, portando alle estreme conseguenze la dodecafonia. Negli anni ha spaziato dal serialismo integrale, all’alea e alla musica elettronica senza mai perdere la sua fisionomia inconfondibile. Non ha mai smesso di sperimentare tecniche sempre nuove e nel 1970, con il supporto del presidente Georges Pompidou, ha fondato l’IRCAM, un istituto molto all’avanguardia per la ricerca e lo sviluppo della musica contemporanea, tappa fondamentale ancora oggi di tanti compositori.
Non è da meno la sua carriera da direttore d’orchestra, che l’ha visto portare sul podio grandi compositori del tardo Ottocento e del Novecento, da Wagner a Debussy, da Mahler a Stravinsky alla seconda scuola di Vienna di Schönberg, Berg e Webern. Nel 1976, in occasione del centenario del Festival di Bayreuth in Germania, è stato chiamato a dirigere un nuovo allestimento del Ring wagneriano con la regia di Patrice Chereau, che resta un punto di riferimento nell’interpretazione wagneriana.
Figura di rilievo anche a livello istituzionale, Boulez è Commendatore delle Arti e delle Lettere in Francia, ha avuto al medaglia per le scienze e per le arti in Austria, la Croce al merito di I Classe e il cavalierato dell’Ordine pour le Mérite in Germania, oltre alla Gran Croce dell’Ordine di San Giacomo della Spada in Portogallo, e ha inciso una quantità sterminata di dischi. Nel 2002 ha vinto il Glenn Gould Prize e nel 2012 la Biennale Musica di Venezia gli ha conferito il Leone d’oro alla carriera.

QUANDO: Nato il 26 marzo 1925, Boulez ha quest’anno raggiunto i 90 anni. 90 anni di fervida attività, 90 anni di musica, di saggi, di concerti. Il suo pensiero è andato modificandosi nel tempo e, se a partire dagli anni ’70 era tra i principali sostenitori della musica seriale, dagli anni ’80 in poi lui stesso si è reso conto che la musica non poteva continuare in quella direzione, troppo intellettuale. Raggiunti i novant’anni si possono forse tirare le somme di questo percorso che l’ha reso tra i più influenti del secolo: per intere generazioni è stato una figura da seguire con reverenza o contro cui ribellarsi in modo assoluto, in ogni caso impossibile da evitare o considerare con indifferenza.

PERCHÈ: Sicuramente al giorno d’oggi l’ascolto di Boulez è faticoso: la sua non è una musica che si muove nei confronti del pubblico cercando di stimolarlo tramite i sensi, anzi, proprio al pubblico sono richiesti un passo e una ricerca intellettuale per approcciare all’ascolto cui forse non siamo abituati. Questo può attirare o far discutere, così come le sue scelte, orientate a una totale radicalità di scrittura o le sue idee, intransigenti e intolleranti nei confronti di chi non le condivideva. Ma è una figura cui è impossibile prescindere: si può ragionare sugli esiti della sua musica ma non si può mettere da parte.