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Piero Rattazzo

A parlare dei tempi che furono, senza nostalgia, perché le chiacchiere dei giovanissimi sono lì a ricordarti che il Rattazzo vive

Scritto da Simone Muzza il 1 giugno 2014
Aggiornato il 27 maggio 2020

Piero Rattazzo non è un barman, al massimo un barista. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui ed è venuto fuori un racconto sulla storia dell’ultimo mezzo secolo milanese attraverso il Bar Rattazzo. Buona lettura.

Bar Rattazzo 1961-oggi

Il 21 settembre 1961 Piero Rattazzo alzò per la prima volta la serranda del suo bar in Ticinese, zona povera della città piena di operai e poveri cristi. Il suo era un classico bar di quartiere dove giocare a carte tra un quarto di vino e un panino a 50 lire. Dopo più di cinquanta anni è ancora lì, e se gli chiedi chi glielo fa fare ti risponde che a stare coi giovani ci si sente giovani. Ma in fondo capisci che il lavoro è la sua vita e che a stare a casa si sentirebbe inutile. Per cui andatelo a trovare: tra un panino al salame e una birrozza da 66, qualche polpette e un risotto, a parlare dei tempi che furono, senza nostalgia, perché le chiacchiere dei giovanissimi sono lì a ricordarti che il Rattazzo vive.

Bar Rattazzo 1971-1980

Il Rattazzo compra la latteria sull’angolo e apre la trattoria, diventando il ritrovo per eccellenza del Movimento studentesco. Nascono le celebri polpette e ogni giorno van via 25 chili di michette (panini a 100 lire). I suoi clienti sono Lerner, Ferrara, Negri, Sofri, Tobagi, Bompressi, le bande Cafiero e Bellini, Vallanzasca. Tutti bravi ragazzi secondo Piero, almeno all’epoca.

Bar Rattazzo 1981-1990

Brutti tempi gli anni 80, persino se il tuo bar non è frequentato dai paninari e dai “protagonisti“ della Milano da bere. Fuori l’eroina distrugge, tanto che Piero va a chiudere le vedovelle del Parco Vetra. Con scarsi risultati: ci sono i limoni. Dentro nasce la Smemoranda e i panini costano 200 lire.

Bar Rattazzo 1991-2000

L’eroina non va più di moda, Rattazzo mette i frigoriferi e la gente va a bersi le birrette al parco. È un cambiamento epocale: i giovani stanno fuori dai bar, non dentro. Si vendono più cocktail e meno vino, il panino arriva a 1000 lire. Nel ‘99 l’amministrazione decide di chiudere il parco di notte. Come al solito quando si proibisce, il delirio aumenta.

Bar Rattazzo 2001-oggi

Il quartiere diventa fighetto, proliferano le boutique. Dopo due anni di offerte, Piero nel 2006 vende le sue vetrine sul corso a un noto marchio. Riapre in via Vetere, che diventa un club a cielo aperto: bonghi, divieti, bottiglie, mille persone che vengono sfollate con gli idranti. È l’una di notte quando Piero, 70 anni suonati, esce a calmare gli animi. Giù il cappello.