Nel 1976 si formavano a Londra e l’anno successivo pubblicavano una colonna portante del punk meno ortodosso, „Pink Flag“. Oggi i Wire sono arrivati ai quarant’anni di carriera e ancora danno le piste a chiunque, sempre. Sono passati attraverso praticamente ogni genere: dalle sperimentazioni wave e sintetiche di quel monumento che è „154“ all’ultimo „Silver/Lead“ – testimonianza di come si possano scrivere ottime canzoni „pop“ mantenendo il proprio, inconfondibile stile – passando attraverso un noise talvolta brutale e un’elettronica distorta e cibernetica, e fondando anche una loro etichetta (Pinkflag). La loro discografia basterebbe a nutrire la fantasia di legioni di ascoltatori, con Colin Newman e Graham Lewis che restano due perfetti signori inglesi che non hanno perso quella visione lucida, quell’originalità dei giovani ragazzi che andavano alla scuola dell’arte ritrovandosi in macchina con Brian Eno. I Wire potrebbero essere i nostri nonni, ma sopra le assi di un palcoscenico sanno essere implacabili come manco il più efferato dei boia.
Geschrieben von Chiara Colli