Un mio amico ha descritto Moondawn come “un sabotaggio rituale della realtà”. In questo momento la realtà dei fatti in Italia è abbastanza triste e parlare con leggerezza e spensieratezza come facevamo fino a poco tempo fa, al momento non si può. Se restringiamo il campo a Milano e ancora di più su quel palazzo di Viale Molise, che negli ultimi anni ha fatto tanto per noi e per gli artisti, la rabbia sale. C’è a chi sale perché quel posto non si tocca, c’è a chi sale perché la passione, il sudore e la dedizione non sono un pegno di un debito più grande di noi; a qualcun altro la rabbia sale perché in quel palazzo si poteva fare di meglio di quanto non sia stato fatto; ad altri invece a salire non è la rabbia ma la paura che tutto finisca.
È in questo momento che scatta il sabotaggio e noi ci siamo, reagiamo, insistiamo, continuiamo, combattiamo, balliamo e alla fine festeggiamo perché ora è adesso e il domani è troppo scuro per essere illuminato. Non nelle albe lunari, quando l’unica cosa che sale è la luna con i suoi suoni diffusi dentro e fuori nel palazzo con la techno bizzarra di Simo Cell, la magia dei bassi lo-fi di MadTeo, l’avant grime selvaggio di Sim Hutchins, il calore dei nastri di Tapes, i paesaggi oscuri del live dei SabaSaba, i vocalizzi angelico-demoniaci di For You Katrina, il tetro showcase del collettivo Temple Of Joy.
Di cornice ma pur sempre in prima linea, i local Arcangelo direttamente da Dance Afflition, Marco Segato e Inner Lakes da Rete Neurale, With Yellow Rubber Gloves via Vasopressin, le performance live di Lesbotek e Abraowitch e i workshop del Collettivo Fikafutura e di Katatonic Silentio, in rappresentanza di Cyberspeak. Una programmazione artistica che ribadisce quanto possa essere importante partecipare e insistere, ma soprattutto che un posto come Macao esista in questo momento, in Italia, nel mondo.
Geschrieben von Jacopo Panfili