Che sia dentro un ristorante cinese o in una sala „underground“ per concerti, in primavera o in inverno, con formazione a sei o integrata per qualche collaborazione ad hoc (ad esempio con il Jooklo Duo o Maurizio Abate), un live degli Al Doum & The Faryds ha sempre il potere di trasportare in un un universo parallelo, magico e un po‘ freak.
Una dimensione spazio temporale da qualche parte a metà fra il Mediterraneo folk-prog anni Settanta degli Aktuala e l’atemporalità della musica cosmica, tra i suoni di un Medio Oriente multicromatico, ipnotico e speziato, e un naturalismo insulare pieno di good vibe. „World music“ che esplode letteralmente nell’ultimo (notevole) album „Spirit Rejoin“, avvolta in quell’atmosfera un po‘ misteriosa della psichedelia occulta italica, mescolata a groove funkissimi e a un blues stellare immerso in un liquido lisergico che cambia continuamente forma attraverso i ritmi, possibilmente africani.
Sul palco sono accompagnati da luci caleidoscopiche che accentuano la dimensione onirica del live e, considerando che gli Al Doum & The Faryds sono legati a doppio filo a un’etichetta super do it yourself come Black Sweat Records (agli intenditori basterà sapere che nel suo catalogo ci sono le ristampe di Futuro Antico), quello di stasera sembra davvero il rito propiziatorio espressione di un Amore Cosmico che fa bene all’anima.
Geschrieben von Chiara Colli