Gli altri Settanta – o quasi. Se c’è una cosa che non è mai mancata ai Giuda è la visione, la consapevolezza di certo rock’n’roll nel suo insieme. I dettagli, le storie, i contesti, le connessioni, (per non menzionare nulla di più puramente tecnico), la nerditudine di chi è sempre andato oltre lo stilema – che poi è anche il motivo per cui sono riusciti a far saltare mezza Europa e mezza America con generi musicali che qualcuno dava per ampiampente morti e sepolti.
I Settanta (e pure un po‘ i Sessanta) dei Giuda finora sono stati soprattutto – almeno per noi ascoltatori – quelli del glam, del punk, del power pop e di tutti gli anfratti più o meno junk legati a questi suoni. Ma le due decadi sono anche quelle della Corsa allo Spazio e della disco ed E.V.A. ne è la reinterpretazione non letterale che solo il quartetto romano avrebbe potuto fare. Rock’n’roll che diventa proto disco in versione punk, con un groviglio di riferimenti, atmosfere, citazioni, riff e letture scaraventate su una sorta di vintage space rock spesso al limite della colonna sonora, dove anche il concetto di „alieno“ si trasforma in forza propulsiva positiva.
Nel passaggio dalla Terra allo Spazio, nulla si perde sul disco, nè prevedibilmente sul palco, dell’energia furente dei Giuda, che forse addirittura acquistano in groove e in visionarietà in molti passaggi di E.V.A. (ascoltate Interplanetary Craft o Cosmic Love per credere). Testi e titoli plausibilmente ancora più nerd che in passato e artwork (sempre disegnato dall’amico Tony Crazeekid) del lussuoso vinile che valgono, pure loro, il rischio di avventurarsi là fuori per una passeggiata nello spazio.
Geschrieben von Chiara Colli