C’è stato un tempo in cui non essere etero era una merda. E meno eri ricco e bianco e cisgender e peggio passavi la tua vita. C’erano i poliziotti che ti fermavano per strada e ti deridevano e ti picchiavano dimostrando quanto il tuo non aderire alle regole permettesse loro di fare un po’ il cazzo che volevano.
C’è stato un giorno in cui qualcuno dopo una vita di merda ha deciso che tutto questo andasse combattuto, costasse quel che costasse. Combattuto con la violenza e con la derisione e senza indietreggiare di un passo rispetto a quanto non-conforme la propria persona fosse.
La notte del 27 giugno di 50 anni fa allo Stonewall Inn, un bar di Christpher Street a Manhattan, un gruppo di travestite e trans e froci e lesbiche si opposero ai raid della polizia che una sera sì e una sera no andavano a fare bella mostra del proprio potere. Lo fecero con la forza e con nomi e facce bellissimi e commoventi, c’erano Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson, Stormé DeLarverie e Thomas Lanigan-Schmidt.
E poi c’erano e ci sono stati tutti quelli che da quel momento in poi hanno capito che si può, che si deve, che non si è soli, che siamo in tanti e che uniti le cose possono cambiare, che siamo responsabili per la nostra gigantesca famiglia LGBT+ transnazionale.
Il mese del Pride nasce da questa cosa qui e ogni anno sfiliamo per ricordarla, per ricordare i nostri morti che negli anni 80 cadevano come mosche a causa dell’AIDS e di politiche socio-sanitarie criminali, sfiliamo per celebrare il corpo politico, per gioire di quello che abbiamo conquistato e quello che ancora ci dobbiamo prendere, per essere checche evidenti e per dichiarare allo stesso tempo che questi ruoli non hanno senso. Per divertirci e per mostrare il culo tutti insieme. Per ringraziare. Un po’ come una preghiera, ma senza Dio e a modo nostro.
Geschrieben von Jacopo Bedussi