Loro sono dei cinquantenni e producono album da almeno 30 anni, io ho quasi quarant’anni e li seguo da quando ne avevo 15: questi sono i pochi numeri certi che ho per entrare nell’ottica di “The Crucible”, l’ennesimo mastodontico album dei Motorpsycho e del suo conseguente lunghissimo tour promozionale, perché quando si parla di loro è impossibile tenere conto di tutto quello che fanno, anche per i fan più oltranzisti come me.
Ancora di più se si parla del minutaggio e della densità delle loro nuove produzioni, sempre più prolisse e lontane da quelle degli anni 90 che hanno generato vedove inconsolabili le quali, in preda a una sindrome di Trondheim, non riescono tuttavia a smettere di seguirli perché continuano a sentire in Bent e Snah sincerità, freschezza e continua evoluzione compositiva.
Alla faccia del minimalismo sonoro, concettuale e produttivo imposto dalle tendenze “alternative” degli ultimi anni, band come loro ci tengono a ricordare ai propri fan che il „rock“ suonato con il cuore e con la testa è ancora fottutamente vivo. E chissenefrega se i brani ormai non durano meno di 10 minuti l’uno!
Geschrieben von Simone Aiello