Simon Scott non è „soltanto“ il batterista degli Slowdive. Simon Scott è una delle ragioni per cui oggi il suono degli Slowdive è così magico e cristallino, quasi ultraterreno. La sua passione per l’ambient, i sintetizzatori modulari, la composizione elettronica e la tecnologia hanno contribuito a rendere gli Slowdive una band capace di andare oltre lo shoegaze e da più di dieci anni si esplicitano in una carriera da solista in cui Scott esplora le relazioni tra ambiente, rumore e composizione.

L’ultimo album, „Soundings“, è un assemblamento ipnotico e naturalista di suoni e field recording raccolti in ogni angolo del globo durante i tour degli Slowdive. Un diario sonoro di viaggio elegante, che fa capire bene perché lui si definisca un „sound ecologist“ e perché uno come Lorenzo Senni, in tempi non sospetti, lo contattò per far uscire i propri „Early Works“ proprio su Kesh, la label nerdissima di Scott.

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