Tutti noi che riusciamo a sopportare le brutture del mondo grazie all’unica fede davvero universale e immortale di questa Terra, ovviamente il rock’n’roll, avremmo amato incondizionatamente Robyn Hitchcock anche solo per le sue camice impossibili e quel disco memorabile coi Soft Boys. Ma la bontà della musica fatta con le chitarre è infinita, e quindi lo stralunato cantautore londinese ha continuato ad alimentare il nostro credo con una prolificità fuori dal comune (21 dischi, almeno secondo i listing ufficiali, ma chissà quanti fuoripista), uno stile inconfondibile sempre ironico e visionario e una carriera che da 40 anni puntella di guizzi pop una discografia caleidoscopica, che passa dal power pop alla psichedelia fino alla new wave con una classe innata.
Con Hitchcock ogni volta è un tuffo nelle acque fresche della neo psichedelia britannica, di cui è uno dei padri fondatori ponendosi come ponte tra i Sessanta di Barrett e dei Beatles più acidi, attraverso le bellezze di tante band della scuderia Creation fino alle nuove generazioni indie rock. Dai „trip mistici“ degli esordi all’ultimo notevole album omonimo da solista (che con quella copertina lì, poi…), fino all’EP assieme al compagno di scorribande wave Andy Partridge, il paroliere magico di Paddington è uno di quegli artisti il cui ascolto può raddrizzare la giornata, scaraventare in dimensioni parallele con una canzone di tre minuti e farti apprezzare le bellezze della vita pure quando fuori sembra esserci l’apocalisse. Apertura affidata alla folker cittadina del mondo Emma Tricca e prima Church Session dell’anno a firma Unplugged In Monti, che finalmente riporta in città un culto assoluto per giovani e vecchi rocker.
Geschrieben von Chiara Colli