All’Hangar, a cura di Roberta Tenconi, c’è la prima grande personale di Neil Beloufa, che per dirvela in brevissimo è un patito della realtà digitale, della comunicazione, dei videogiochi, dell’algoritmo pervasivo che oggi tutto comanda. Una monografica che ripercorre la giovane carriera dell’artista, e il titolo la dice tutta: Digital Mourning, il lutto digitale. La mostra pare un parco divertimenti spento, da visitare ma accompagnati da narratori invisibili intenti a esporre posizioni che vanno dall’aspirazione utopica alla gen-x. Siete bombardati, è il consumo culturale, è l’inadeguatezza del discorso nel brusio, è il mondo infragilito, fantastico e surreale, un talk-show di diplomatici che mettono assieme obesità, investimenti finanziari e guerra come se fosse una discussione da bar, o ancora la fiaba del cammello e delle volpi del deserto, del muro di pietre contro le formiche, della nascita dell’accumulazione primitiva, dei confini e del capitale spiegata all’infanzia. Cosa vedete, qui, se non la complessità di una vita in cerca di un racconto unitario?
Geschrieben von La Redazione