Parlare di batteri e spore sembra un argomento comune ultimamente. Il legame tra biologia e politica, tra umano e non umano, tra scienza e fantascienza, tra corpi in evoluzione e contesti altri, viene trattato come una tematica svincolata dai pareri di esperti, per essere sulla bocca di tanti. La prima grande personale di Anicka Yi in Italia, realizzata da Pirelli Hangar Bicocca, sembra ironicamente cavalcare quest’onda, ma il percorso dell’artista di origine sudcoreana, ma americana ormai per matrice d’azione, ha sempre trattato questi temi in maniera sofisticata e narrativa. Anicka Yi parte dal racconto e da analisi scritte per creare dei corpi di lavori che attivano sensi solitamente non toccati dall’arte visiva, come il tatto, il gusto e l’olfatto. Metaspore, la grande esposizione presso Pirelli Hangar Bicocca, è sottilmente suddivisa attraverso queste stratificazioni sensoriali, racchiudendo estetiche e visioni metamorfiche legate alla natura in relazione alla società. L’impatto della mostra è già forte: i curatori Fiammetta Griccioli e Vicente Todolì hanno infatti deciso di accogliere lo spettatore attraverso una grande grata da cui si intravede un corridoio obbligato, realizzato nel 2015 presso la personale dell’artista alla Kunsthalle di Basilea. In questo corridoio, tracciato dagli stickers dell’opera Orbis Mundi is Yours to Take in Hand (2015), eleganti opere in materiali vari come sapone, reti metalliche, richiamano arzigogolate forme di organismi e batteri in movimento, resine, tubi in plastica e acciaio, creano un display museale da wunderkammen, quasi a indicare la figura di Anicka Yi come artefice di complesse sperimentazioni legate alla natura. Opere e display raffigurano batteri e organismi ma appaiono come eleganti disegni acquarellati.
I lavori dell’artista legano confini solitamente ben separati e definiti tra scienza e pensiero comune. “Abbiamo a che fare con una società che è ossessionata dall’idea di pulizia (…) e questo costituisce parte della motivazione per cui lavoro con i batteri (…). Sto cercando di fornire una sorta di visualizzazione delle ansie delle persone rispetto ai germi e ai batteri che proliferano intorno a noi” racconta l’artista, che agisce sul concetto di metamorfosi come poetica sempre in lavorazione, in divenire, attraverso display dalla gradevolezza estetica anche in racconti densi e pungenti. Un esempio è Immigant Caucus (2017) dove, attraverso l’odore del sudore di donne asiatico-americane in comparazione alle emissioni delle formiche carpentiere, Anicka Yi indica uno sguardo impensabile che analizza lo sfruttamento del lavoro in condizioni critiche attraverso l’olfatto. Un approccio che solamente un’azione artistica sa restituire in maniera così apparentemente distaccata, ma problematica e profonda. Scienza e arte, umano e ibrido, natura e ambiente, malattia e ricerca, sono qui bilanciati e racchiusi in un contesto vivo e, per tutto il periodo della mostra, in mutazione costante. Quasi come un passaggio di testimone dall’ironia degli Screen Talk all’interno della mostra “Digital Mourning” di Neïl Beloufa, dove l’artista ironizzava sull’ipotetica reazione sociale nei confronti di una misteriosa pandemia, qui il percorso critico prosegue sottile e denso di esperienze, attraverso un’estetica dall’apparenza morbida.
Geschrieben von Rossella Farinotti