Negli anni sessanta il Governo Americano e l’FBI sorvegliarono Martin Luther King, indagando sulla sua sua vita privata col fine di trovare elementi che potessero screditarlo agli occhi dell’opinione pubblica. Il documentario di Sam Pollard, grazie ad archivi ufficiali recentemente desegretati, mostra un ritratto inedito, chiaro e potente del pastore luterano considerato da alcuni “il nero più pericoloso d’America”, e aggiunge nuove interessanti testimonianze dal punto di vista storico.

Il regista ci consegna un lavoro dalla fotografia elegante, che ha ritmo e lucidità, e accompagna lo spettatore nel pedinamento organizzato da J. Edgar Hoover, capo del Federal Bureau of Investigation, nei viaggi che King intraprese nel corso della sua attività politica, nelle manifestazioni e nello sviluppo dei movimenti di protesta, mostrando abilmente le tensioni sociali dell’epoca. Uno sguardo completo, che rispetto ai tanti biopic dedicati a Martin Luther King si gioca tutto sulla forza delle immagini reali.

Dopo il successo di “I’m not your negro”, al quale ha collaborato come consulting editor, il regista, sceneggiatore e produttore americano Sam Pollard segue un percorso coerente. Già legato ad alcuni progetti di Spike Lee, è considerato un rappresentativo esponente del Black lives Matter, il movimento che attualmente rivendica gli obiettivi mancati riguardo i diritti della popolazione afroamericana. Un documentario tutt’altro che anacronistico dunque, visto i tempi che ancora stiamo vivendo.