C’era una volta un tempo in cui si andava spensierati in un locale, si vedeva un concerto, si ballava, si pogava. Poi una luce si è spenta e tutto è stato azzerato. Assistere all’esibizione di un artista internazionale è diventato un miraggio, figuriamoci ipotizzare un tour italiano di un gruppo rock internazionale. Ma uno spiraglio si è ormai aperto e dopo date cancellate o annullate possiamo riprendere a sognare.
Ecco che il concerto di un trio americano si può trasformare in un evento catartico dove farci avvolgere da un muro di suono, con l’essenziale amalgama di chitarra, basso e batteria a rituffarci in una dimensione sopita che avevamo quasi dimenticato. Quello con A Place to Bury Strangers è del resto uno degli appuntamenti fissi fin dal 2010, quando passarono a Roma per due volte nello stesso anno, prima all’Init e poi al Blackout, poco dopo la firma per la Mute Records e l’uscita di „Exploding Head“, loro secondo album in studio. Da allora di dischi ne sono usciti solo quattro, ma li abbiamo visti sui nostri palchi con cadenza praticamente annuale.
Lanciati fin dagli esordi come “il gruppo più rumoroso di New York”, gli APTBS devono effettivamente la loro fama all’energia che trasuda dalle loro esibizioni, dove una felice combinazione di noise, shoegaze e psichedelia avvolge lo spettatore fra fumi e fasci di luci, con una buona dose di decibel a completare l’opera. Della formazione originale, dopo l’ennesimo cambio di lineup, è rimasto il solo Oliver Ackermann, frontman, cantante e chitarrista, ma tanto basta. Anche l’ultima uscita discografica, „See Through You“, li vede proporci un suono meno duro, più accessibile, ma sarebbe come dire che gli stessi Jesus and Mary Chain, loro indiscussi maestri, non hanno riprodotto „Upside Down“ all’infinito. E allora chiudiamo gli occhi, facciamo un passo verso il buio della sala e prepariamoci a pregustare quell’acufene che per troppo tempo ci ha abbandonati.
Geschrieben von Massimo Mariani