Contraffazione, furto, diritto d’autore. Questi sono i nuclei tematici che guidano la mostra L’image volée curata dal tedesco Thomas Demand per la Fondazione Prada. L’allestimento è a cura dello scultore Manfred Pernice, anch’esso tedesco residente a Berlino, e occupa i due livelli della galleria Nord.
Nelle 90 opere esposte, tutte composte tra il 1820 e oggi, “l’immagine rubata” rappresenta quel limite con cui ogni artista, in un modo o nell’altro, prima o poi deve fare i conti: fino a che punto le sue opere sono esclusivamente farina del proprio sacco? Quanto è stato influenzato da quelle degli altri artisti?
L’indagine di Demand non pretende di dare una risposta definitiva. Più semplicemente vuole invitare a riflettere sulla questione. La provocazione sembra essere quella per cui nessun atto creativo parte da uno zero assoluto. Piuttosto, sarebbe l’elaborazione di suggestioni ricevute dall’esterno: in qualche modo, nel mondo dell’arte non si può essere originali al 100%. L’immaginazione pura non esiste.
Fra le altre, in questa direzione si muove l’opera Senza titolo (1991) di Maurizio Cattelan (Padova, 1960), presenta nella prima sezione. Il soggetto dell’installazione è Cattelan stesso mentre fa capolino da un buco nel pavimento. Così, lo spettatore assiste in diretta a quello che potrebbe essere considerato il piano ingegnoso di un ladro per portar via qualche quadro prezioso. Un effetto straniante e surreale: Cattelan ha scavato un tunnel per “spiare” i suoi colleghi!
Nell’ultima parte della mostra, esemplificativa è la Blu Line (Holbein) (1988) dell’artista concettuale statunitense John Baldessari (National City, 1931), che per L’image volée ha ideato anche i manifesti. Qui, su una parete vengono proiettate in tempo reale le riprese che una telecamera fa degli spettatori sparsi per la sala. Si potrebbe quasi dire che Baldessari fa fare il lavoro sporco a noi che siamo lì per ammirare le sue opere. È lo spettatore infatti a fornirgli il materiale della sua arte. La logica in questo caso è ancora più estrema e paradossale che in Cattelan, e forse aiuta a capire meglio il senso dell’intera mostra. Baldessari suggerisce che l’arte tutta intera non è altro che una copia della realtà, dunque un plagio a tutti gli effetti. Insomma, anche per quanto riguarda le opere dello spirito, non sembra del tutto improprio tirare in ballo la celeberrima massima di Lavoisier secondo cui «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
Geschrieben von Giacomo Dini