Il disco più punk di tutti i tempi non è dei Sex Pistols, nemmeno degli Exploited, dei Ramones, dei New York Dolls o dei Crass. Il disco più punk di sempre è „Generic Flipper“, per quanto i Flipper non facessero punk. Cosa facessero non è facile a dirsi, probabilmente avrebbero voluto rifare gli Stooges, solo con molta più droga, con più abbruttimento, con più odio per il pianeta intero. Il risultato è semplice, „life is pretty cheap“: un bordello.
È grottesco pensare come questi caciaroni strafatti siano riusciti a fare tutto quello che è esploso nel rock del ventennio successivo senza raccogliere nulla, probabilmente senza nemmeno accorgersene. Ora però sono trascorsi 40 anni, i Flipper sono ancora qui a fare la cosa meno punk possibile: sopravvivere. Però lo hanno fatto con difficoltà, e nemmeno tutti.
I tempi sono cambiati parecchio, non è più la band che scriveva „Flipper Rules“ sui muri di San Francisco per promuoversi (precursori anche nel marketing, a ben vedere) né quella che andava a suonare nei circoli per sordi, così da non doversi preoccupare della resa del proprio live, ma superati scioglimenti, overdosi e caduta dei capelli è ancora un gruppo che ha voglia di far casino. Sarà per questo che hanno assoldato Mike Watt (dei Minutemen): per sbatterci nelle orecchie il fatto di essere ancora vivi, mai sopravvissuti. In apertura We Are The Asteroid.
Geschrieben von Filip J Cauz