Ho in testa questa immagine di Robert Smith in pieno lockdown che mi regala una delle performance in streaming più intime e intense di quel periodo così complicato e straniante. C’è lui a piedi nudi davanti alla scrivania del suo studio home-made, con indosso quello che sembra un pigiama ovviamente total black, incorniciato da strumenti, monitor, casse e cavi elettrici. Suona una manciata di pezzi per contribuire ad una raccolta fondi per la ricerca sulle malattie mentali. E come al solito colpisce dritto al cuore: sgraziato, incerto, dimesso, insomma commovente e perfetto. Certo, le performance in streaming erano e rimangono un timido e a tratti patetico palliativo per l’astinenza da musica dal vivo ma non posso negare che nella sua disarmante semplicità quell’esibizione casalinga mi rincuorò sul serio nel momento del bisogno. Questo è quello che fa la musica dei Cure da prima che io nascessi: ti abbraccia, ti aiuta ad attraversare l’oscurità, ti fa sentire meno solo nel caos. A quattordici anni dall’ultimo disco in studio, intitolato 4:13 Dream, la band è in tour in Europa e passerà anche in Italia per 4 date per il Lost World Tour, con un disco in rampa di lancio e il rientro nel gruppo dello storico tastierista Perry Bamonte. Ascoltiamo le canzoni nuove (i primi singoli promettono bene!), cantiamo a memoria i capolavori immortali, celebriamo l’eterno-ritorno di una band infinita. Abbracciati.
Geschrieben von Lorenzo Giannetti