Sono passati dodici anni da quando Thurston Moore con una sola mossa – scellerata per i fan – ha messo fine all’epopea Sonic Youth e al suo matrimonio con Kim Gordon. E per quanto possa interessargli, non credo di averlo ancora del tutto perdonato. La sua carriera solista – o per meglio dire extra Sonic Youth, visto il disorientante numero di collaborazioni, progetti più o meno estemporanei che compongono la sua quarantennale discografia – era partita molto prima, alla fine degli anni Ottanta, ma solo l’album “Psychic Hearts” (1995) può essere considerato l’ideale inizio di quel percorso parallelo a suo nome.
Il mio debutto live con il Thurston Moore “solista” fu del tutto diverso: nel 2005, al Brancaleone, con il progetto Original Silence insieme a Jim O’Rourke, Mats Gustafsson, Paal Nilssen-Love e Massimo Pupillo. Un’esperienza debordante e massimalista tra free jazz, avant-noise e improvvisazione pura. Invece l’ultima volta è stata nel 2016 al Siren Festival di Vasto con l’attuale formazione e un canovaccio decisamente più orientato verso la canzone rock, ovviamente libera, dissonante, ma senza dimenticare di abbracciare talvolta la melodia.
Da quel concerto ha pubblicato diverse cose, tra le quali spiccano i recenti “By the Fire” (2020) e “Screen Time” (2021). Anche come editore non è stato con le mani in mano: da segnalare l’ottimo libro sui Velvet Underground “Linger On” di Ignacio Julia, uscito lo scorso autunno per la sua Ecstatic Peace Library. Dal vivo sarà accompagnato dalla mitica Debbie Googe dei My Bloody Valentine al basso, da James Sedwards alla chitarra e da Jem Doulton alla batteria. Il suo stile iconico di vivere la chitarra, di farla suonare nei modi più impensabili e mirabili, rimane ancora oggi una delle esperienze musicali da fare e rifare e nella vita. Una serata da gustarsi con gli occhi e le orecchie spalancate.
Geschrieben von Matteo Quinzi