Wo

Cinema Godard - Fondazione Prada
Largo Isarco 2, 20139 Milano

Wann

Samstag 11 Mai 2024
H 16:00

Wie viel

masterclass gratis / proiezione 6-4 euro

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Sito web

Taxibol (2023), Di/by Tommaso Santambrogio, Courtesy Lights On Film

«Che si fotta l’arte fine a se stessa». Settembre 2016. Mi trovo alla Mostra di Venezia in qualità di giovane critico cinematografico per il più popolare mensile italiano di cinema. È l’ultimo giorno del concorso, la fantastica kermesse si sta per concludere, la redazione del mio giornale è stravolta e non aspetta altro che il traghetto per prendere il treno e tornarsene a casa. L’unico film che dev’essere ancora presentato è filippino e dura quattro ore. Si chiama Ang Babaeng Humayo, che in inglese viene tradotto come The Woman Who Left. «Dal Toso, vallo a vedere tu e poi ci fai sapere. Se vince poi magari fai tu la recensione» mi ordina il caporedattore, convinto che il Leone d’oro sia stato già assegnato in partenza a La La Land di Damien Chazelle, il manifesto pop dell’anno, il musical del decennio, consacrazione dei divi hollywoodiani Ryan Gosling ed Emma Stone. Pur entusiasta di essere al Lido da due settimane, anche per me la stanchezza fisica e intellettuale cominciava a farsi sentire e il mio desiderio era di trascorrere quell’ultimo giorno scrivendo gli articoli conclusivi e poi di bere spritz Aperol in compagnia di qualche collega. Controvoglia, entro in Sala Grande per vedere The Woman Who Left, certo di trovarmi di fronte a uno dei più grandi mattoni della storia del cinema recente. Scopro che la durata di tutte le precedenti pellicole di Lav Diaz, il regista, è a dir poco fluviale. In effetti, confrontato con il resto della sua filmografia, l’ultima opera dell’autore filippino sembra un corto: A Lullaby to the Sorrowful Mistery superava le otto ore; From What Is Before vinse due anni prima il Pardo d’oro a Locarno malgrado le cinque ore e trenta; Death in the Land of Encantos, presentato a Venezia nel 2007, durava nove ore. Soltanto un grande film avrebbe potuto risollevarmi dal collasso psico-fisico. Per prepararmi alla visione, leggo l’introduzione scritta dallo stesso Diaz nel “manualone” della Biennale: «Nessuno di noi capisce davvero la vita. Questa è una delle verità fondamentali dell’esistenza. Le cose che facciamo possono essere collegate, ma più spesso siamo succubi e travolti dalla casualità degli eventi». Frasi che mi illuminano all’improvviso sulla mia condizione di spettatore privilegiato: ero a Venezia, lavoravo per il giornale che leggevo sin da bambino e stavo per vedere il film di un cineasta che al di fuori dei festival non avrei di certo trovato nelle sale milanesi.

Lo sguardo profondo, umano, lirico, talvolta musicale, di Lav Diaz si serve di sperimentali e magistrali piani sequenza che documentano le condizioni politiche e sociali di un Paese che nella sua Storia ha vissuto quattro grandi cataclismi.

Dalla svogliatezza al “presbenismo” il passo è breve: The Woman Who Left racconta la vita di Horacia Somostro, detenuta innocente per trent’anni che, una volta discolpata di un delitto che non ha commesso, esce di galera e vuole vendicarsi dell’uomo che l’ha incastrata. Intorno a lei, le Filippine diventano un grido di aiuto da parte di umiliati, oppressi, “poveri cristi”. Il film vincerà il Leone d’oro, scatenando l’indignazione di tutti i fans di La La Land, incluso il mio caporedattore. Lo sguardo profondo, umano, lirico, talvolta musicale, di Lav Diaz si serve di sperimentali e magistrali piani sequenza che documentano le condizioni politiche e sociali di un Paese che nella sua Storia ha vissuto quattro grandi cataclismi: la colonizzazione spagnola, il dominio americano, l’occupazione giapponese durante la Seconda guerra mondiale e la dittatura di Ferdinand Marcos, che tra il 1965 e il 1986 trasformò le Filippine in uno dei regimi autoritari più tristemente conosciuti del Ventesimo secolo. Quest’ultima, in particolare, è il fil rouge di tutte le pellicole dell’autore filippino, tra cui Norte, the End of History, ispirato a Delitto e castigo di Dostoevskij, che indaga l’origine del male nella provincia di Ilocos Norteche, il luogo natale del dittatore militare; e poi, From What Is Before, forse il capolavoro di Diaz, apice della sua poetica rurale e anti-imperialista, preziosa lente d’ingrandimento su un popolo fragile che non ha mai saputo fare i conti con gli anni tragici del totalitarismo e delle leggi razziali, ed è finito per replicare ciò che gli era stato fatto dagli oppressori. Infine, c’è Taxibol, il mediometraggio di Tommaso Santambrogio, in cui Diaz interpreta sé stesso in un dialogo con un tassista cubano sulle condizioni dei loro Paesi, ed è alla ricerca di un misterioso ex generale scappato al termine della dittatura di Marcos, Juan Mijares Cruz. Assistere a un film di Lav Diaz è un’esperienza: può essere ostico entrarci, ma una volta abbandonati gli indugi si viene travolti dalla sensibilità e dalla potenza immaginifica di un cineasta unico.

 

MASTERCLASS con LAV DIAZ + proiezione Taxibol di Tommaso Santambrogio
Questo mese il protagonista del filone #soggettiva è il regista filippino Lav Diaz che terrà una masterclass gratuita sabato 11 maggio alle ore 16 presso il cinema GODARD di Fondazione Prada. Un’occasione unica per scoprire il suo immenso lavoro e il suo sguardo sincero e profondo. La masterclass è seguita dalla proiezione di Taxibol, un mediometraggio di Tommaso Santambrogio il cui protagonista è proprio Lav Diaz.
Per la masterclass di Lav Diaz registrarsi QUI
Per la proiezione di Taxibol i biglietti QUI

Geschrieben von Emiliano Dal Toso