L’ultimo giorno delle vacanze, di ritorno dalla settimana bianca a Castione della Presolana, nessuno fiatava sui tre pullman che riportavano a casa le classi medie dell’Istituto San Celso. Le ragazze sedevano davanti, guardando l’autostrada scorrere fuori dal finestrino con fare pensieroso. C’era chi versava una lacrima e chi scriveva qualche appunto su una Smemoranda itinerante, passata di mano in mano. Noi ragazzi, dopo una settimana di cori, sberleffi e graffi rimediati dando calci a un pallone, ce ne stavamo seduti un po‘ esauriti, come le pile del mio Walkman. Chi, in quei sette giorni si era preso una cotta per una compagna, sbirciava davanti nella sua direzione quasi a domandarsi che sarebbe successo al ritorno in classe. Una volta a Milano, niente più palle di neve e sci ai piedi sugli impianti del Pora, le mani piene di rotelle di liquirizia e la corsa dal bar al piccolo cinema parrocchiale, i balli lenti nel salone al pianterreno dell’enorme casa vacanze con i festoni alle pareti. E poi, un bacio accennato sulle labbra dopo tanto rimurginare, le risate e la vietatissima visione di Colpo Grosso in una vecchia tv in bianco e nero nelle camerate, prima di addormentarsi.
In prossimità di Milano qualcuno tirava fuori una cassettina dai titoli scritti ordinati a matita sul retro e la inseriva in uno stereo portatile. Con il pennarello rosso sull’etichetta della cassetta c’era scritto Moroder, e io non sapevo chi fosse/ro, sapevo solo che quella musica piaceva a tutti. Attaccava con la canzone de La Storia Infinita, passando per What a feeling da Flashdance, ma poi uno di noi immancabilmente pigiava veloce su fast forward, cercando la canzone di quel film che, pochi giorni prima, al cinemino, ci era piaciuto così tanto, Top Gun. Maschi e femmine per una volta erano d’accordo: partivano le prime note di Take my breath away, con quel basso rotondo del sintetizzatore così spiazzante per una canzone d’amore.. e via sospiri e lacrime. La vacanza era proprio finita: arrivavano i parenti a prenderci sul piazzale della scuola, si scaricavano i bagagli e ci si salutava.
Qualche anno fa, trovandomi nel bel mezzo di un dj set di Giovanni Giorgio Moroder, nel periodo successivo alla sua “riscoperta” grazie a Random Access Memories dei Daft Punk, mi sono ritrovato a pensare all’aneddoto che vi ho raccontato. Guardandomi intorno ho immaginato come la vita di ognuna di quelle persone in quel club fosse stata in qualche modo sfiorata dalla musica del signore sul palco; lui, con i baffoni bianchi e gli occhi gentili, lo aveva già capito, dimenticando per il tempo di un tour mondiale il pensionamento sui campi da golf californiani.
In questo dj set testamento alla sua creatività, una traccia via l’altra, ha passato in rassegna gli anthem della prima Disco music, a metà anni ’70 e poi tutto l’arco degli ’80, tra colonne sonore, sperimentazioni su album da studio, e i grandi singoli commerciali. Tutte produzioni sue, confinate in una capsula temporale: Moroder infatti a inizio anni ’90 decide di mollare la musica e si mette a fare altro, nonostante le richieste, nonostante l’ennesimo successo prestato a colonna sonora dei Mondiali di Calcio del ’90, la nazional-popolare Un’estate italiana.
Eppure, nonostante il vasto successo commerciale, Moroder non è mai stato acclamato dalla critica. C’era chi lo incolpava di aver “disumanizzato” la discoteca: veniva deriso perché era più simile a un operaio che a un artista. Un operaio di macchinari musicali, tastiere, sintetizzatori, nemmeno così tecnicamente ferrato: lo deridevano, e probabilmente erano gelosi delle sue fortune. Nemmeno il boss della sua etichetta, Neil Bogart, boss della Casablanca Records, sembrava apprezzare il suo talento, nonostante lo avesse reso ricco all’apice del fenomeno Disco music, rimanendo poi bruciato dal seguente rigurgito del pubblico. Moroder, da uomo proiettato nel futuro, aveva già capito, e si era buttato a capofitto nei brief di Hollywood.
Ma del resto cosa sono le critiche per uno che ha cambiato il pop per sempre con la linea di basso del classico di Donna Summer, I Feel Love?
Sabato 29 giugno alle ore 18.30, Moroder è il protagonista di una masterclass a ingresso libero moderata da Manlio Gomarasca e Paolo Moretti, curatore del programma di Cinema Godard. L’incontro è preceduto dalla proiezione di Metropolis di Friz Lang in versione restaurata e con la colonna sonora realizzata dallo stesso Moroder, uno dei tanti artisti che, negli anni, si sono cimentati a musicare il film.
Geschrieben von Raffaele Paria