Le affinità elettive esistono in tutti gli aspetti dell’esistenza, anche nella musica. Ascolti un disco per la prima volta e capisci che è sempre stato dentro di te o che ha smosso qualcosa che aspettava di essere attivata per trasformarti in altro, per evolverti. Per me è stato così con l’omonimo debutto dei QOTSA uscito nel settembre 1998.
Essendo già un fan dei Kyuss e del giro stoner della Man’s Ruin lo presi a scatola chiusa. Una volta partito il riff vorticoso e assassino di “Regular John” mi sono sentito subito agganciato e pervaso da un’inedita alchimia energetica. Con “Avon” e “How To Handle a Rope” la possessione era completa. Da quel momento la creatura mutante e robotica forgiata da Josh Homme era parte di me. Ed è così ancora oggi, all’ennesimo ascolto e ventisei anni dopo.
I successivi “Rated R” (2000) e, soprattutto, “Songs For The Deaf” (2002), sono quelli che li hanno consacrati anche commercialmente, grazie a singoli come “No One Knows” e “Go With The Flow” e relativi video, divenuti all’epoca un must nelle rotazioni notturne di MTV. Tralasciando l’età di mezzo – quella di “Lullabies To Paralyze” ed “Era Vulgaris”, in cui da progetto semi aperto con Homme pietra angolare si sono trasformati in una vera e propria band – è con l’approdo alla Matador che è riscattata la scintilla.
Merito di album più inclini a nuove sonorità, a inaspettate soluzioni melodiche, senza però perdere un grammo del robot rock desertico che costituisce il dna QOTSA. Una trilogia iniziata nel 2013 e composta da “…Like Clockwork”, “Villains”, entrambi davvero notevoli, e il recente “In Times New Roman…” presentato in questo tour denominato “The End Is Nero” e che vede il loro ritorno a Roma dopo dieci anni, dal 3 giugno 2014 a Capannelle. Inutile dire che dal vivo quel mix di potenza hard rock e feroce ironia diventa ancora più esplosivo. Sfido chiunque a rimanere impassibile durante “Feel Good Hit Of The Summer” o “Millionaire”. Le ritmiche selvagge e reiterate, le chitarre incandescenti, il cantato finto annoiato di Homme, tutto diventa un adrenalinico e benefico sabba in nome di una misteriosa entità pagana che per convenzione o convinzione continuiamo a chiamare Rock.
Geschrieben von Matteo Quinzi