Da qualche anno Kevin Martin è uno scarafaggio. Lo era già stato sul finire degli anni Novanta, ma allora era stato un passaggio fugace. Oggi la trasformazione è quasi completa, un Gregor Samsa in versione digitale. E l’idea che pure un terrorista come lui si fosse ormai concesso definitivamente al solo dancefloor, per quanto disturbato, ci ha spaventato. Forte era il timore di perdere il guastatore che aveva portato il suo aeroplanino a schiantarsi contro i più intoccabili grattacieli, attraversando i cieli del free-jazz, dell’hip hop, della techno… Invece era il solito piano diabolico.

Che stolti a preoccuparci per Kevin Martin. Sarà uno spaccone, un tamarro, un provocatore, ma resta il genio del male che abbiamo sempre amato. Perchè il posto degli scarafaggi è lo sporco: sono cantine che puzzano di piscio di gatto e carne marcia, tubature ossidate e incrostate nei bagni di qualche ostello di periferia. Sono i luoghi dove si è sempre avventurato Kevin Martin, incontrando le più terrificanti creature della Terra, tipo gli Earth di Dylan Carlson, con cui The Bug ha realizzato un disco in grado di far tremare un grattacielo. Gli stessi anfratti dove lo abbiamo sempre incontrato anche noi, senza mai smettere di sporcarci, senza mai cominciare a pentirci.