I Molchat Doma sono un Zefir di nostalgia sovietica, che al primo assaggio esplode come una tempesta di synth, batteria elettronica e un’aria glaciale da club underground anni ’80. Da Minsk hanno creato un sound che sembra venire da un futuro distopico dove il post-punk incontra l’elettronica più fredda e malinconica. Ascoltare i loro dischi è come essere intrappolato in un ascensore in discesa verso la fine del mondo, con le luci fluorescenti che ti accecano e una voce distorta che ti sussurra segreti da un’epoca che non hai mai vissuto.
La magia risiede lì: è il tipo di malinconia che ti fa ballare, non piangere e disperare, e quando la batteria elettronica inizia a picchiare e il synth ti entra in testa, non c’è scampo: ti ritrovi in un mondo che sembra già passato, ma che ti prende e ti risucchia in un vortice di adrenalina. Un sound per gli amanti della musica che non hanno paura di perdersi nel buio.
Il loro primo album, S kryš našich domov (2017), ha ricevuto un’accoglienza positiva nel panorama underground, ma è con l’uscita di Ėtaži (2018) che la band inizia a raggiungere un pubblico internazionale. Quattro anni fa, con l’uscita di Monument, la band bielorussa viene investita da un’ondata di viralità su TikTok, che ha reso la loro interpretazione della malinconia post-sovietica la colonna sonora dei video lunatici di tutto il mondo. Quattro anni dopo la fama transmediale arriva Belaya Polosa, il loro quarto album, che continua a incanalare i suoni goth-rock degli anni ’80 al servizio del loro particolare marchio di tristezza, aggiungendo al tutto una strumentazione più esuberante e sicura.
Se Monument era dominato dalle chitarre plumbee Bauhaus, Belaya Polosa gioca con le influenze dei Tangerine Dream: la maggior parte dell’album è spinta da frenetiche drum machine e sintetizzatori pulsanti che si rincorrono energicamente l’un l’altro. Tra scintille e rimbombi la band Bielorussa si crogiola nell’irrequietezza di testi che descrivono giorni senza sonno, inverni implacabili e amori che se esistono, sono troppo lontani. Che fine novembre sia.
Geschrieben von Maria Simona Ventrella