Dieci anni fa vivevo ancora in una dimensione di precariato frustrante e sottopagato, al governo c’era Matteo Renzi, la grande storia d’amore della mia vita era finita nel più miserevole dei modi e nelle sale c’era Mommy, del regista, interprete e sceneggiatore canadese – tutte cose che avrei scoperto più tardi – Xavier Dolan. Non ricordo con chi lo vidi per la prima volta, né chi me lo consigliò e nemmeno quale fosse il cinema – potrei azzardare un Arcobaleno, ma senza grandi certezze.
Quello che ricordo è il mio stomaco che risale fino alle lacrime quando Steve, il giovanissimo e problematico protagonista, viaggia al centro della strada con il suo skate e, dopo un’ora di tensioni strette nello spazio di un quadrato soffocante che non concede margini alla speranza, apre lo schermo con le sue stesse mani, allarga lo sguardo e sembra dire ok, torniamo a respirare. La voce di Liam Gallagher canta Wonderwall e sembra confermare quel senso di liberazione: è il punto di svolta del film, da lì, si risale. Ricordo di essermi voltata in estasi verso il mio compagno di cinema: «Ma cosa stiamo guardando».
Dopo quella sera tornai a vedere Mommy cinque volte di fila.
Ci portai il mio migliore amico, che se ne innamorò, ci portai mio padre, che mi disse «bello» ma non credo che condivise davvero il mio entusiasmo. Scoprii nel frattempo che il regista aveva due anni meno di me, e quel dato anagrafico cominciò a ossessionarmi. Se uno più giovane di me presentava a Cannes un film del genere non avevo scampo: la mia vita, per quanto sconclusionata, apparteneva ufficialmente al mondo degli adulti.
Al senso d’inadeguatezza si affiancava però anche un sentimento liberatorio: per la prima volta le immagini che avevo visto sul grande schermo si erano nutrite dei miei stessi riferimenti culturali. Mommy è infatti l’opera di un artista che alla domanda “Qual è il tuo film preferito?” risponde «Titanic», liberandosi del timore reverenziale nei confronti delle generazioni precedenti, schivando lo snobismo e integrando la cultura più schiettamente pop all’interno di un lavoro autoriale e sofisticato.
Dolan ha avuto un ruolo importante: ha codificato il cinema millennial da un punto di vista formale, aprendo a tuttə una nuova possibilità di visione. Intercettando, e per certi versi anticipando, una tendenza che rispecchia davvero lo spirito del tempo (non solo al cinema ma anche in letteratura), ha scelto di raccontare il proprio vissuto – molti elementi narrativi, già dalle primissime opere, sono infatti esplicitamente autobiografici –, intrecciando sempre la ricerca identitaria dei personaggi all’esplorazione del contesto famigliare da cui provengono.
Ha creato un immaginario capace di riflettere una realtà che già esisteva, ma era ancora priva di una rappresentazione estetica. È il caso delle numerose identità queer che popolano i suoi film, raccontate senza alcun intento dottrinale o pedagogico – non ci sono mai messaggi, nei film di Dolan. Quando, in Laurence Anyways, la protagonista si presenta per la prima volta in classe in abiti femminili e rimane lì, in piedi davanti ai suoi alunni per un tempo che a tutti – spettatori compresi – sembra un’eternità, noi soffriamo con lei, ci sentiamo investiti dal carico del suo vissuto, come lei coperti da un tailleur che sentiamo tirare sulla pelle, eppure nudi di fronte a venti adolescenti che immaginiamo spietati.
Ed è il caso, soprattutto, dei personaggi spezzati che ritornano in tutta la sua filmografia – come ritornano le sue attrici degli inizi, Anne Dorval e Suzanne Clément –, che faticano a trovare il loro posto nel mondo e che sfuggono tuttavia, e sempre, tanto alla retorica della rivincita quanto alla disperata poetica dei perdenti. Il suo cinema parla un linguaggio diretto, non teme gli eccessi ma arriva in profondità, è capace di restituire tutte le sfumature emotive dei vissuti tormentati, socialmente marginalizzati che Dolan sceglie, pellicola dopo pellicola, di portare all’attenzione del grande pubblico. La colpa non è loro, sembra dirci il regista, è della vita, e nella vita non sempre si risale.
INFO
La partecipazione all’evento è gratuita fino a esaurimento posti (moriamo tuttə dalla voglia di vederlo ma i posti sono limitati). I biglietti saranno disponibili su DICE a partire da Mercoledì 4 dicembre, ore 11.
Geschrieben von Arianna Montanari