“The Shrouds”, l’ultimo film del grande cineasta canadese, presentato a Cannes 2024 e di prossima uscita in sala in Italia, è una riflessione tanto hi-tech quanto paranoica sulla non accettazione della morte e relativa elaborazione del lutto. Nato come un progetto seriale per Netflix si è trasformato nel suo film più intimo e dai chiari riferimenti autobiografici, con Vincent Cassel suo alter ego sullo schermo come lo era stato Banderas per Almodovar in “Dolor y Gloria”. Quale occasione migliore per una vacanza romana e con la “scusa promozionale” organizzare un rendez-vous con il suo nutrito e appassionato pubblico?
Una carriera all’insegna della mutazione dei corpi e dei desideri, dove successo e culto si sono alternati così come le idee dalle quali scaturiscono i suoi film: molti soggetti originali come l’iconico “Videodrome” o il recente e miracoloso “Crimes of the Future”, talvolta invece manipolando le intuizioni di grandi firme della narrativa come DeLillo, Burroughs, King o Ballard. Sovente la sua ampia visione del cinema, e quindi del mondo, ha spiazzato e fornito profondi spunti di analisi: con la satira ha ribaltato la scacchiera di Hollywood e le sue pedine incarnandosi in una giovane donna (“Maps to the Stars”), con uno stile ben più cupo e teso ha fuso realtà e virtualità del gaming con una lungimiranza distopica in netto anticipo sui tempi (“eXistenZ”).
Con la recente dipartita di Lynch è rimasto solo Cronenberg tra i sommi rappresentanti di quel cinema nel quale sogno e incubo si mescolano e si riassemblano, fino a formare una nuova (im)possibile ipotesi di umanità. In una stagione nella quale il body horror è tornato prepotentemente di tendenza grazie a “The Substance” non si poteva chiedere di meglio: incontrare di persona chi quel genere l’ha immaginato, plasmato e reso immortale.
Geschrieben von Matteo Quinzi