Non è una mostra: è un esperimento sul tempo. Venerus respira in una casa di vetro nel sottosuolo, sotto gli sguardi di tutti, praticando l’arte più antica e più esposta: scrivere. Poi cancellare. E ricominciare. Dal 29 settembre al 2 ottobre, alla stazione di Milano Lancetti, SpazioSERRA diventa una struttura viva: architettura trasparente, sempre visibile e in diretta per quattro giorni. Scrivere sul vetro significa esporre la grammatica: la parola nasce, inciampa, si corregge; la cancellazione non nega, monta. Il tratto ammette da subito la propria fine, per far posto al tentativo successivo. L’opera non sta in un testo compiuto, che non esiste, ma nel tempo della sua costruzione. SpazioSERRA radicalizza il gesto: nessun backstage, nessuna tenda. Il pubblico vede tutto: fatica, rito, ostinazione. È un esercizio di esposizione e sottrazione che rende indecente, nel senso di fuori scena, l’idea stessa di opera compiuta.
Ore su ore, ciclo dopo ciclo: comparsa–scomparsa, respiro–apnea.
Dentro la teca, l’essenziale: acqua, cibo in scatola, un pennello, vernice. Con questo lessico minimo l’artista conduce un’azione ostinata: scrive testi inediti sui vetri, satura le superfici, azzera con la spugna e torna al primo segno. Ore su ore, ciclo dopo ciclo: comparsa–scomparsa, respiro–apnea. Fuori, i treni scandiscono il metronomo urbano; dentro, il corpo detta una metrica altra, un’inutilità volontaria al mercato ma necessaria alla durata. Tutto è pubblico: dal corridoio della stazione o in streaming continuo.
Non serve appesantire di genealogie, ma risuona l’idea di scultura sociale: l’opera come cura pubblica, valore nella relazione più che nell’oggetto. La casa di vetro è piazza protetta: convoca un pubblico di passaggio che, per minuti o secondi, diventa comunità. Qui l’accento è musicale: conta la cadenza del pensiero più del limite del corpo. Se la città marcia in quattro quarti, la teca cerca un tempo rubato, un controtempo che incrini la griglia.
La fruizione è semplice: passare, sostare, tornare; oppure seguire la diretta. Non si tratta di capire un messaggio, ma di accordarsi a una cadenza. Se anche solo per un istante l’orologio interiore si scolla dal ritmo del tabellone, l’esperimento avrà avuto esito: avrà restituito una misura condivisa, un controtempo minimo dentro la città. Uno, due. Cancella. Ricomincia.
Geschrieben von Ritamorena Zotti