Uno spazio attraversato da corpi, movimenti e anime. Un appartamento antico e dismesso che accoglie un passaggio leggero, soffuso, quasi esanime, eppure incredibilmente pieno di vita. La sensazione che si ha passando tra i quadri di Oliver Bak, realizzati con olio e cera, è quella di visitare una antica tomba egizia o etrusca – non a caso la mostra è il risultato di una lavoro che, oltre a Copenaghen, ha toccato anche i Matta Archives di Tarquinia e la stessa Indipendenza – sulle cui pareti è ancora iscritta la testimonianza di un passato lontano.
Nessun tormento, nessun dolore: piuttosto il fascino arcano di vite vissute che, per raccontarsi, si sono trasformate in polvere colorata. Come i granuli sulle ali delle farfalle che rimangono sui polpastrelli quando le si tocca. Alcuni corpi giacciono inermi, altri si muovono delicatamente, altri danzano e altri ancora sembrano abbandonare la terra per traslarsi in una dimensione altra, dove diventare ancora più leggeri e sottili, simili alla luce: non quella accecante del sole, ma quella di un crepuscolo ai bordi dell’universo. Echi di danze macabre, echi di sciami migranti di falene che risalgono le scale del palazzo che ospita la galleria fino ad arrivare alle stanze dell’ultimo piano, per poi allontanarsi dalle finestre e lasciare un’impronta migrante sui muri.
Geschrieben von Nicola Gerundino



