L’Italia consuma videogiochi per circa un miliardo di euro l’anno. Di videogame, però, ne produce per 20 milioni, occupando non più di 1000 persone in tutto. Troppo poche, troppo pochi, tutto pochissimo. Soprattutto se si considera che il settore non solo è uno di quelli con le migliori prospettive di crescita, ma concentra una dose di creatività che levati; accorpa scrittura, arte, design, musica, scienza e pure fantascienza. Piccolo corollario: se manca un’industria, è difficile abbondino scuole in cui allevarla. E viceversa. Ecco perché, da anni, Zero non solo approva, ma applaude a scena aperta New Game Designer. New Game che? Detto in una riga, è il saggio di fine anno degli studenti di online game design e videogame design & programming di Statale e Politecnico. Le nuove leve del game in Italy mostrano trepidanti i propri prototipi a una giuria di esperti, per guadagnarsi un giorno di gloria. Detto meno di fretta, New Game Designer è un appuntamento in cui tante voci del settore – dalle software house a chi organizza mostre o corsi autonomi – si incontrano per fare due chiacchiere, ipotizzare progetti e, appunto, scoprire se fra i puledri del pixel ci sia qualche purosangue. Per inciso, succede spesso: il 62 percento degli studenti passati da qui finisce a fare videogame da noi o all’estero. Riassunta così, però, New Game Designer pare ’na noia da farla finita. E invece è una festa di inizio estate: si possono provare i giochi, pure quelli da tavolo, ci sono lo speed dating fra virgulti e investitori e i videogiocatori professionisti.