Le spore di tutto quanto in Occidente viene definito „psichedelia“ hanno origini orientali. Le musiche di quella striscia di paesi che va dal Nord Africa al sud est asiatico hanno esercitato, dagli anni ’50 del secolo scorso in poi, un fascino irresistibile su europei e americani; ricercatori, improvvisatori e semplici fricchettoni hanno visitato queste nazioni per trovare le origini di un suono, esotismo e droga (nella maggior parte dei casi, soprattutto quest’ultima). Ma qui passiamo allo step successivo. Una band formata da occidentali (in particolare Alan Bishop, già nei Sun City Girls e cofondatore della Sublime Frequencies, etichetta dedicata a ricerche di musica etnica, appunto) di stanza al Cairo e comprendente musicisti (più o meno) locali: Sam Shalabi, chitarrista cresciuto artisticamente in Canada ma nato a Tripoli (di nome fa Osama) e il cairota Maurice Louca. Potrebbe sembrare l’ennesima idea di sfruttamento post-colonialista, ma i tre non si limitano a saccheggiare le tradizioni. Nel loro sound confluiscono sì le più disparate influenze nordafricane, ma le trame chitarristiche potrebbero essere un’evoluzione del freddo math-rock nordamericano degli anni ’90 (o anche di certo post-punk), i passaggi di tastiera sembrano presi di peso dai ’70 e la ritmica meccanica è quella del krautrock di scuola tedesca. Prima di loro, le trame free-psych a base di improvvisazione con il chitarrista Sharif Sehnaoui e il bassista Tony Elieh – entrambi tra più innovativi musicisti di Beirut – coadiuvati dal percussionista veneto Davide Zolli. Inutile specificare che l’album di debutto dei Dwarfs of East Agouza, Bes (Nawa, 2016), è già stato precettato per le classifiche di fine anno. Mentre per la classifica dei migliori live attendiamo questo giro di concerti, nati dalla collaborazione virtuosa tra S/V/N/ e Communion in occasione dell’anteprima di Savana #Mash (1-3 dicembre).
Geschrieben von Chiara Colli