La storia di Radwan Ghazi Moumneh è una delle più affascinanti degli ultimi anni. Di quelle in cui tutto è un po’ diverso da come appare, almeno all’inizio. Nato nel 1975 in Libano, con la famiglia lascia la sua terra rivoltata dalla guerra civile per trasferirsi prima in Oman e poi in Canada: qui, i suoi primi esperimenti musicali sono con il punk e l’hardcore, agli antipodi di ciò che avrebbe suonato di lì a qualche anno; le prime interazioni con la cultura occidentale si rivelano pessime, a dispetto degli esiti spiazzanti ed evocativi che avrebbe ottenuto in futuro con Jerusalem In My Heart, facendo incontrare musica tradizionale araba ed elettronica contemporanea. JIMH, formazione che condivide con il filmmaker Charles-André Coderre, non è una band o un progetto audio/video, ma un’installazione cerebrale, un’esperienza immersiva e visionaria, soprattutto dal vivo. Al primo ascolto, un orecchio occidentale è portato a credere che le composizioni di Moumneh abbiano la forma di una preghiera islamica, eppure Radwan è ateo e i suoi testi parlano, piuttosto, delle conflittualità sociali e politiche del Medio Oriente. Al secondo, sembrerebbe musica etnica, ma qui non ci sono paesaggi esotici, piuttosto una world music disturbata e autentica. Jerusalem In My Heart, in realtà, è un progetto attivo ormai da anni, con una lunga gavetta live alle spalle, l’esperienza di Moumneh come tecnico del suono del giro Constellation e un esordio datato 2013. Poi però, lo scorso anno sono arrivate la collaborazione spaziale con i Suuns e il „cannibalismo culturale“ di If He Dies, If If If If If If: due degli album più affascinanti ascoltati negli ultimi anni.
Radwan Ghazi Moumneh è un profondo appassionato e conoscitore della musica araba, suoni in cui è tornato a immergersi e a studiare in un processo „a ritroso“ dopo essersi immerso nella musica rock occidentale in seguito al suo arrivo in Canada. Una delle sue passioni è scovare vecchie cassette e registrazioni, ma anche ascoltare cosa la sua terra continua a produrre oggi. Non potevamo farci sfuggire l’occasione di chiedergli una selezione di dieci brani di musica araba tradizionale e contemporanea che ritiene particolarmente belli e rappresentativi della sua cultura.
DARIUSH DOLAT-SHAHI
Uscito su Smithsonian Folkways, Electronic Music, Tar And Setar di Dariush Dolat-Shahi è un album assolutamente sorprendente e resta tutt’oggi una pietra miliare della musica contemporanea del Medio Oriente. L’aspetto geniale di questa musica è l’abilità di Dolat-Shahi di individuare le forti connessioni tra le composizioni di musica tradizionale e l’elettronica.
HAHAN EL NIL
Una magnifica voce del Sudan. Hanan era una maestra e il suo modo di suonare l‘oud e di cantare erano incantevoli. Sfortunatamente, tutta la musica del Sudan è molto sottovaluta nel mondo arabico, essendo spesso composta su scale pentatoniche che si alllontanano dalla musica tradizionale basata sul sistema modale del Maqam del Sud Ovest asiatico.
TWO OR THE DRAGON
Abed Kobeissy e Ali Hout sono di stanza a Beirut e si esibiscono con molti ensemble tradizionali. Entrambi suonano sia nell’ambito di un meraviglioso spettacolo di danza e teatro contemporaneo sia con questo duo, Two or the Dragon. Li trovo fantastici, buzuk e percussioni, preparati e trattati.
MATAR MOHAMMAD
Cosa posso dire…? Lui è il motivo per cui suono il buzuk.
WORMHOLES
Sharif Sehnaoui e Mazen Kerbaj con la collaborazione di Tony Elieh hanno un meraviglioso progetto live, che mi ha lasciato a bocca aperta tutte le volte che l’ho visto. Kerbaj si occupa delle animazioni live mentre Sehanoui e Elieh compongono una colonna sonora improvvisata.
SAHAR
Non ci sono molte notizie riguardo Sahar, ma posseggo una registrazione di un’ora di una sua rara intervista e performance alla radio nazionale siriana. È stata uccisa all’inizio della sua carriera e non ha mai avuto modo di pubblicare un album, ma secondo molti è considerata una delle migliori cantanti della sua generazione.
HASSAN HAFFAR
Un poeta di Aleppo. Sono un grande fan delle sue prime registrazioni, dove catturava l’attenzione di tutto il pubblico con la sua voce e il suo talento. L’ho incontrato qualche anno fa ad Aleppo e sono rimasto così colpito da non essere riuscito ad aprire bocca. Non è rimasto molto colpito…
ABDEL KARIM SHAAR
L’ultimo dei superstiti… Colui che mantiene vivo il tarab, la musica tradizionale araba. Lo show di quest’uomo è un must. Quando si esibisce dal vivo sembra di essere esattamente nell’era a cui fa riferimento la sua musica.
IBTISAM LUTFI
Un’artista che è sparita dalle scene anzitempo per problemi personale. Trovo che la sua voce unica sia assolutamente strepitosa. Si vocifera che stia per tornare!
ARA EBTEKAR (SOTE) AND THE IRANIAN ORCHESTRA FOR NEW MUSIC
Sote ha composto molti lavori interessanti negli anni passati e questo album, Ornamental, del 2008 è uno degli esempi del suo talento. Amo questo disco.
NOUR EL HODA
Ci tenevo a includerla in questa lista, perché secondo me questo brano è una delle migliori registrazioni live che abbia mai sentito. È un perfetto esempio di perfezione. Dall’inizio alla fine. Tutto cuore e emozione. Questa versione di questo brano mi fa venire i brividi.
VINCI CON ZERO
Zero e il Monk ti mandano gratis al concerto di Jerusalem In My Heart + Chassol. Per partecipare, basta mandare una e-mail a contest@edizionizero.com specificando la città e l’evento di riferimento nell’oggetto e il proprio nome e cognome nel corpo dell’e-mail. I due vincitori saranno estratti tra tutti coloro che avranno partecipato entro le 12 del 4 novembre e saranno gli unici a ricevere una risposta via e-mail. (si ricorda che per entrare è obbligatoria la tessera Arci)
Geschrieben von Chiara Colli