Come scriveva la buona penna di Arthur Schopenauer „L’uomo è ciò che mangia“. La femminista che è in me editerebbe: „La donna e l’uomo sono ciò che mangiano“. Rivendicazioni semantiche anti-machiste a parte, Arthur aveva ragione; Hitler del resto era vegetariano. Superando questa nuvola di black-humor e atterrando al Casoretto, possiamo sostenere che anche un quartiere è il cibo che mangia e fa mangiare. Al Casoretto si mangia il mondo e si respira per questo un’aria di libertà – un vero e proprio inno democratico e pacifista al peccato capitale del gusto – quello che solo una Milano caliente inzuppata nella salsa di Soia sa espirare. Come direbbe a quetso punto un Godard maoista in via Porpora: „Hola amigos, à bout de souffle“.
Al Casoretto si mangia il mondo e si respira aria di libertà – quella che solo una Milano caliente inzuppata nella salsa di Soia sa espirare
Per cena la tappa obbligatoria è rappresentata dalla trattoria libanese di via Accademia, ma anche da Tà bueno, la muy caliente cucina peruviana di Purple Street. Anche Maoji Street Food in piazza Aspromonte si difende bene, per chi proprio non può fare a meno della cucina cinese. Per un drink si va invece al Moscow Mule di via Teodosio, se siete delle persone didascaliche vi consigliamo di ordinare per l’appunto un Moscow Mule. Al Casoretto, però, si viaggia anche culinariamente per l’italico stivale e non solo per il mondo. Allora gustatevi una bella granita al limone chez „La Siciliana“di via Teodosio, piuttosto che dei grissini Edelweiss o una sfigliatella zucchero velata alla Pasticceria De Luca, vicinissima all’intramontabile birrificio Lambrate; che però ricordiamolo non appartiene al Casoretto, ma appunto a Lambrate – specifica d’oblige per le didascaliche e i didascalici all’ascolto.