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Over the rainbow

Vivere queer nel quartiere arcobaleno

quartiere Porta-Venezia

Geschrieben von Martina Di Iorio il 31 August 2020 Aggiornato il 25 März 2021

In via Lecco si stanno per alzare le saracinesche. Sono le 18, puntuali come sempre, i locali iniziano a sfrigolare, ci si prepara a un altra serata. Tavoli dentro, tavoli fuori, sedie da posizionare, si passa il Glassex sulle vetrate, si suda, si lavora, ci si saluta tutti. La gente arriva a piccole ondate, prende posizione, drink in mano, parte il fuoco incrociato di sguardi. Nel mezzo c’è Porta Venezia, quartiere gay per eccellenza.

Il flusso si insinua nelle limitrofe vie come Tadino, Palazzi, sorvola Buenos Aires e si insedia in Piazza Lavater e in una parte di Eustachi. Una volta tutto ciò avveniva in via Sammartini, che costeggia il passante ferroviario, una via sicuramente più buia, meno esposta, meno luccicosa. Poi oltre 25 anni fa aprì in via Melzo l’Elephant (ora al suo posto una boulangerie), un locale dalla frequantazione fluida – diremmo oggi – e con il tempo, a catena, tante altre insegne dichiaratamente o meno LGBTQI+ presero possesso della zona.

Il risultato è un grande mosaico di persone, attività, associazioni, che rendono Porta Venezia una bella realtà che parla di integrazione

Da qui parte la storia di Porta Venezia come quartiere pansessuale, aperto, inclusivo, attivista e incazzato. Da qui si snoda il corteo del Gay Pride dal 2001: si era in 50 mila 20 anni fa, fino ad arrivare alle 300 mila persone che da tutta Italia vengono ogni anno a celebrare la giornata dell’orgoglio omosessuale. Il sindaco ci vede lungo, indossa i calzini arcobaleno e scende in piazza, rende permanente l’allestimento rainbow della fermata metro omonima e ottiene l’elezione di Milano come sede 2020 per la fiera internazionale del turismo omosessuale: l’International gay and lesbian travel association, appuntamento che si rivolge sia ai turisti e viaggiatori della comunità LGBTQI+, sia agli operatori del settore che a quel target si rivolgono. Anche i brand ci vendono lungo, e con gli anni iniziano a lanciare campagne territoriali che hanno come claim fondamentale l’inclusione e la parità di diritti. Gay washing? Probabile.

Al netto delle speculazioni commerciali e immobiliari, il risultato è un grande mosaico di persone, attività, associazioni, che rendono Porta Venezia una bella realtà che parla di integrazione secondo la lingua del movimento arcobaleno. Colorati, eccessivi, trasgressivi, additati dai bigotti come scandalosi e fuori luogo, la famiglia arcobaleno che si riversa qui nelle strade se ne sbatte e va dritta come un treno per la sua strada. La incontrate ovunque, nei suoi locali simbolo come il Leccomilano, il Mono, il Blanco. Si ferma a prendere una pizza da Little Italy o da Pizza Ok, si informa nelle librerie specializzate, si rilassa sdraiata sull’erba dei Giardini Montanelli, si scatena al Love.

La famiglia arcobaleno che si riversa qui nelle strade se ne sbatte e va dritta come un treno per la sua strada

Un quartiere modello, dove pacificamanete convivono diversi credi, diverse anime: quella queer, innegabile, affianco a quella borghese e fighetta, altrettanto presente; drag queen insieme ad eritrei ed etiopi, anziani che giocano a bocce insieme alle favolose in canotta, harness e calzettoni tirati fino al polpaccio. Potrebbe quasi essere un mondo ideale, un pianeta fuori dall’orbita a noi conosciuta: Porta Venezia queer attrae persone da tutta Milano e non solo, cresce, si struttura sempre di più e – ribadendo le sue posizioni – continua a fare quello che le piace di più: divertirsi.

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#spaßzuhabenistrichtig

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