Cinimondo

In visita all’Isola della Cultura

Alla scoperta della Fondazione Giorgio Cini, il silenzioso scrigno architettonico di fronte a Piazza San Marco

Geschrieben von L.R. il 21 März 2019 Aggiornato il 26 März 2019

La Fondazione Giorgio Cini

Il miglior nascondiglio è sempre in bella vista.
Non si nega a questa regola la Fondazione Giorgio Cini, rifugio di quiete e bellezza che sorge a soli 400 metri da Piazza San Marco, proprio dall’altra parte del Canale della Giudecca, sull’Isola di San Giorgio Maggiore, raggiungibile in tre minuti con il vaporetto 2 e quasi sconosciuta dalla grande massa.
Un’oasi di silenzio suddivisa in piccoli ecosistemi culturali ma il cui centro pulsante è la presenza della Fondazione Giorgio Cini, tra le istituzioni più radicate nella storia cittadina degli ultimi decenni, che negli ultimi 10 anni ha saputo rinnovare la propria spinta propulsiva ed apertura al presente, configurandosi come una autentica fucina umanistica:: da porte chiuse a porte aperte, da luogo privato a centro multidiscipliare pubblico nel mezzo del bacino, una sorta di Isola della Cultura, che spazia dalla ricerca accademica – tante le borse di studio – all’intrattenimento.

Il Chiostro del Palladio

Fondazione che a sua volta è uno scrigno architettonico, custode di un antico capitale immateriale: al suo interno esempi unici di opere rinascimentali come il Chiostro dei Cipressi e il Chiostro e Cenacolo Palladiano o la Biblioteca del Longhena preceduta dal suo scalone monumentale, convivono con grandi sculture di clorofilla, come il curioso giardino-labirinto Borges a firma dell’architetto Randol Coalle, lo splendido parco che attraversa tutta l’Isola di San Giorgio e il Teatro Verde, anfiteatro co-firmato dall’architetto Scattolin così vicino a Scarpa, uno spazio tanto incantevole quanto inspiegabilmente dimenticato dal circuito dei grandi concerti. Per quanto conservi tracce memorabili di artisti del calibro di Blonde Redhead e Rufus Wainwright

Il Teatro Verde

Appare subito chiaro perché l’Isola di San Giorgio sia il luogo che ha ospitato il primo monastero benedettino di Venezia – antecedente all’anno 1000 – e che ancora oggi accoglie perle nascoste attraverso la Fondazione, come il fondo lasciato dallo storico etnomusicologo Alain Danièlou o la biblioteca personale di Tiziano Terzani. Il primo con oltre trecento copie manoscritte di trattati indiani sulla musica provenienti da diverse biblioteche dell’India e una raccolta di circa 300.000 schede catalografiche compilate su temi relativi a musica, filosofia e cultura indiana, il secondo con una collezione unica ed enciclopedica composta da oltre 6.000 volumi su Giappone, Cina, India ed Indocina, acquisiti nel 2012 dal Centro Studi di Civiltà e Spiritualità Comparate, uno dei numerosi Istituti interni che la Fondazione Cini ha strutturato da molte decadi per promuovere nel territorio pratiche di ricerca e sviluppo in ambito educativo, sociale, culturali ed artistico, sviluppate ad alto livello in collaborazione con i più autorevoli network internazionali. Come il Centro Internazionale per lo Studio della Civiltà Italiana “Vittore Branca” che dal 2010 ospita studiosi italiani e stranieri in un polo residenziale di studi umanistici ed accoglie progetti di ricerca sulla civiltà italiana, tra arte, storia, letteratura, musica, teatro, libri antichi.

Uno degli spazi espositivi delle „Stanze del Vetro“

È d’obbligo una menzione speciale per le attività che ci portano più spesso alla Fondazione Giorgio Cini: quelle delle Stanze del Vetro, il nuovo scintillante spazio espositivo dedicato a monografiche e collettive in relazione alla materia silicea, e l’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati con l’Istituto per la Musica, promotori instancabili da oltre 3 decadi di masterclass, workshop, esposizioni, concerti e spettacoli leggendari. Da Ravi Shankar al maestro di ney Kudsi Erguner, dalle danze sciamaniche della Birmania a Carolyn Carlson, dalla unica rappresentazione in Italia del Teatro delle Ombre giavanese, ai grandi solisti del Tagikistan, passando per Rota, Nono e persino Wagner, non c’è tradizione atavica, classica o contemporanea che non abbia trovato in questo luogo uno speciale spazio di risonanza e di attualizzazione, nelle impagabili cornici della Sala degli Arazzi o nel nuovo e fantascientifico auditorium”Lo Squero” che si affaccia sulla laguna.

R. Fahimuddin Dagar, celebre cantante di musica dhrupad, davanti alla Scala del Longhena

Ci si vede lì almeno due volte l’anno per i tradizionali concerti offerti alla città, che sono anche una buona occasione per introdursi all’atmosfera evocativa degli spazi senza il biglietto di 13 euro.
Avvengono quasi sempre nel tardo pomeriggio e quando finiscono si è accolti dalla città con un altro spettacolo divino: il campo antistante la Basilica di San Giorgio è uno dei luoghi più suggestivi di Venezia dove ammirare un tramonto a pelo d’acqua.

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