Esiste un evidente riscontro del fatto che Milano vada considerata, a tutti gli effetti, un vagone del treno metropolitano europeo Londra-Parigi-Barcellona-Berlino: si nota infatti un’ormai vastissima e assai differenziata gamma di fruitori della città, un ventaglio di „idealtipi“ che farebbe invidia a un concerto di Björk. Prendiamo i Navigli: nei bar e nei locali della zona, l’hipster al bancone, fra uno scroll della pagina di Resident Advisor e un Moscow Mule, senza manco accorgersene si sta strusciando con un bocconiano che, di ritorno dalla cassa dopo aver saldato i due giri di Sbagliato per lui, il Ricky, la Eli e la Cate (ma sì, dai, quelle due al terzo anno di management), implora il barman per un rapido tequila sale e limone. Giusto per avere il carburante fino al sushino.
Al Nobu, no.
Correva l’anno 2000 quando ha aperto questa „comfort zone“ dell’Emporio Armani Store che, già al primo impatto, lascia trasparire una (scomoda) verità: è un luogo che fa storia a sé. Lungo il bel bancone a isola posto in mezzo alla sala, uomini e donne (forse meglio dire „signori e ragazze“) si alternano andando a comporre una sorta di codice Morse la cui struttura, invece del canonico linea-punto-linea-punto, si articola più o meno in un „uomo-uomo-uomo-donna, donna-donna-uomo“, con degli „uomo-uomo“ a riempire gli spazi vuoti. L’aria che (nonostante sia concesso fumare all’interno) si respira è quella di un luogo cucito addosso ai suoi frequentatori – siamo a Milano, se non cuce Re Giorgio, chi cuce? Signori e ragazze pronti a giocarsi sempre le proprie carte migliori in un contesto con troppi apparenti vincenti per ipotizzare un credibile vincitore. Difficile non risultare blasfemi se ci si vuole soffermare sulla qualità dei cocktail, con un rapporto qualità-prezzo che neanche una Quattro Stagioni in Kuwait. Se proprio, bevetevi un whisky e accendetevi una Davidoff: senza nemmeno aprire bocca, basterà guardarvi attorno per sentirvi dentro un mondo che fino a quel momento vi era solo (me lo auguro per voi!) corso silenziosamente parallelo.
(articolo di Michele Iuliano)