Come riabilitare un alimento "comunque" naturale, che viene da sotto la terra, trasformato negli anni in un simbolo del cibo junk, dal gusto artificiale e digeribile meno di un blocco di cemento armato? La risposta l’hanno cercata e trovata da Fries. Si parte dalla materia prima: patate della Tuscia fornite dall’azienda Sciarria – "Passione per la patata" il loro slogan inattaccabile – e olio di arachidi. Poi c’è l’aspetto tecnico, con macchinari nuovi che permettono il filtraggio dell’olio e il controllo della temperatura. Infine con una particolare dedizione nella preparazione delle salse, che vanno dalla rivisitazione della cacio e pepe con pecorino sempre del territorio, al cheddar, curry, barbecue, maionese artigianale, harissa, guacamole eccetera. Tre tipi di cartocci – anche uno spiedo di chips tra le opzioni -, da bere le due artigianali realizzate ad hoc dal Birrificio Aurelio – Miranda, una belgian ale, e Lady Rosetta, una rossa – trespoli con fori su misura per inserire bicchieri, cono di patatine e vaschetta per le salse extra, fondamentali per evitare di tenere in equilibrio le tre cose a mo‘ di giocoliere o, come tradizione del cartoccio da passeggio vuole, ritrovarsi la salsa fin quasi ai gomiti quando si arriva alle ultime patate. Fries è anche a Trastevere a Vicolo del Cinque.
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Fries
ZERO hier: ordina un cartoccio grande e si sporca di salse fino al gomito.
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Fries
Via di Porta Cavalleggeri, 19
Roma
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